“Sepolcri imbiancati, sono solo sepolcri imbiancati, ma in questo modo non fanno altro che darci una mano nella nostra campagna per cambiare la legge…”. Alfiero Grandi è il vicepresidente del Comitato per la democrazia costituente, l’associazione che nei giorni scorsi ha presentato in Cassazione l’istanza per dare l’avvio alla raccolta di firme a sostegno di una legge di iniziativa popolare che riforma il meccanismo elettorale delle Politiche e mette fine alla genia dei Rosatellum.
Di chi parla?
Nei partiti si moltiplicano i pentiti che si stracciano le vesti facendo finta di accorgersi dei difetti macroscopici di questa legge elettorale solo ora… ma se l’hanno fatto apposta!
Per esempio?
Le liste dei candidati scelti in base alla fedeltà al capo non sono un caso, derivano dal potere dato ai segretari di partito e alle consorterie, come i famosi “paracadutati” nei collegi: sono una conseguenza inevitabile della legge, perché ha reso impossibile un rapporto dei candidati e futuri eletti con il territorio.
Ma la reintroduzione di una quota di maggioritario non doveva proprio raggiungere questo scopo?
Certo, se non fosse che hanno moltiplicato l’ampiezza dei collegi in modo tale da disinnescare il meccanismo di rappresentanza, nel Mattarellum erano uno ogni 100 mila abitanti, oggi sono enormi, il rapporto è in pratica uno ogni 250 mila alla Camera e il doppio per il Senato: l’elezione quindi dipende da chi ti ha messo lì, si vota la lista non la persona.
È la logica che ha portato Maria Elena Boschi a essere candidata a Bolzano e in 5 listini plurinominali?
Certamente non si è posta il problema se era veramente rappresentativa del territorio oppure no, pensa di essere eletta raccogliendo il bacino di voti Pd a prescindere dal suo radicamento e ne è convinto anche chi ce l’ha messa; come in tanti altri casi, i cittadini non la riconoscono e non sapranno neanche come avvicinarla in futuro, queste logiche creano quella scarsa fiducia nella classe politica che sta minando la democrazia.
Dobbiamo aspettarci un altro Parlamento di nominati?
Sarà composto sicuramente da persone che non rappresentano il territorio e non hanno autonomia dalle segreterie.
E che governo ne uscirà?
Questa legge elettorale è stata fatta per avere degli esiti imprevedibili, si cercherà di mantenere più a lungo possibile lo status quo con un governo tenuto in sella per elaborare una nuova legge elettorale e andare poi a votare, ma in realtà non si vuole fare né l’una né l’altro, adesso perfino l’ex presidente Napolitano dice che la legge va cambiata ma un Parlamento fatto in questo modo non favorisce la modifica; ecco perché abbiamo deciso di forzare la mano con una legge di iniziativa popolare e, se servirà, con la convocazione l’anno prossimo di un referendum abrogativo, presenteremo ricorsi anche alla Corte costituzionale.
Qual è il cronoprogramma della vostra campagna?
Il nuovo regolamento del Senato prevede che una legge di iniziativa popolare debba essere discussa entro 3 mesi dalla presentazione delle firme, partiremo con la raccolta nella prima decade di febbraio e entro 5 mesi la completeremo, servono almeno 55 mila firme per stare tranquilli.
Che cosa prevede il progetto di legge?
Per la legge vigente, che impone un voto unico congiunto per un collegio uninominale e un collegio plurinominale proporzionale, le elettrici e gli elettori si troveranno a votare in blocco da tre a cinque candidati, tutti indicati dalle segreterie di partito; la nostra proposta trasforma il collegio uninominale da maggioritario in proporzionale, introduce il voto disgiunto e le preferenze; ma oltre a riformare le elezioni di Camera e Senato ci occupiamo anche della democrazia interna ai partiti a tutela degli iscritti.
In che modo?
Quello che è andato in scena tra Renzi e le minoranze Pd di Orlando e Emiliano è deprimente: tutti in mano al capo che ti ricatta, abbiamo poi i partiti padronali nel centrodestra e i 5stelle, che purtroppo anche loro non sono riusciti a mettere in campo un meccanismo alternativo adeguato: per le candidature servono regole trasparenti che rispettino gli iscritti; in Germania la Spd ha consultato 440 mila iscritti su un programma preciso per dare il via alla Grosse Koalition con la Merkel, altro che le primarie dove votano tutti quelli che passano.