Domenica c’eravamo chiesti sul Fatto se e in che misura la sparatoria fascioleghista di Macerata avrebbe messo in difficoltà elettorale Matteo Salvini. Al termine di una densa giornata politica e televisiva possiamo tranquillamente rispondere che il leader con la felpa ha vinto anzi stravinto la partita: non certo per i suoi meriti ma per l’abbandono di tutti gli altri. Infatti, non solo non ha “abbassato i toni” ma anzi si è fatto beffe delle giaculatorie istituzionali rilanciando alla grande le solite fake news che promettono la rapida ed efficiente soluzione del problema immigrati in un paio di mosse, come forse se la immaginano in qualche osteria padana.
Per esempio, con il ritorno ai vecchi, cari respingimenti in mare dell’epoca Maroni, al fine di incrementare il già vasto numero di disperati destinati a finire in pasto ai pesci. Pratica, per inciso, che è già valsa all’Italia la condanna dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ma il pezzo forte è quando, gonfiando il petto, l’uomo che non deve chiedere mai annuncia che con lui a Palazzo Chigi saranno espulsi et voilà 50mila non aventi diritto (nel 2017 sono stati 17mila). Spettacolare exploit se non fosse per il piccolo particolare che con la maggior parte degli Stati di provenienza non esistono accordi di reciprocità e se gli rispedisci qualcuno non lo fanno neppure scendere dall’aereo.
Però a Salvini è concesso dire tutto e il contrario di tutto senza praticamente contraddittorio poiché per contraddire occorre prima documentarsi. Molto più semplice lanciargli addosso l’accusa di seminare odio e di raccogliere violenza senza tuttavia spiegare come e perché tutto ciò avvenga. Come spesso accade agli esponenti della sinistra di governo che per anni hanno lasciato marcire i problemi favorendo la crescita di quella insicurezza su cui la destra ora pascola. E che pensano di cavarsela con qualche slogan da tg.
Se un disturbato mentale si mette a sparare per strada non è certo colpa di Salvini. Molto peggio se la propaganda un tanto al chilo cerca di illudere la gente (scatenandone la rabbia) che con ruspa e manette tutto si risolve per incanto. Perciò nel dibattito pubblico per essere convincenti bisogna essere capaci di argomentare, come ha fatto il ministro Calenda a proposito delle tematiche economiche nelle quali il nostro non sembra precisamente ferratissimo: “Ha passato tre anni all’europarlamento, a 20mila euro al mese, e non sa come si mettono dei dazi. In Commissione commercio non l’ho mai visto. Almeno Marine Le Pen veniva”.
L’altra sera a Non è l’Arena il capo leghista ha potuto dare il meglio (e il peggio) di sé. A Massimo Giletti sui fatti di Macerata ha concesso soltanto che “la violenza va sempre condannata”. Caspiterina. Un po’ come dire che chi supera il limite di velocità in autostrada va multato. Silenzio invece sull’infinita serie di infamie leghiste contro la persona di Laura Boldrini, bruciata e decapitata in effigie. A ogni fantomatico annuncio su respingimenti ed espulsioni, applausi in sala da spellarsi le mani. Un altro paio di sparatorie razziste e ce lo ritroviamo a Palazzo Chigi.