Inizialmente la Procura di Roma riteneva che ad aver rivelato l’inchiesta Consip al vicedirettore del Fatto, Marco Lillo, fosse stato il magistrato napoletano Henry John Woodcock e la conduttrice del programma Chi l’ha visto? Federica Sciarelli. Queste due posizioni però sono state archiviate per mancanza di prove e ora i pm cambiano rotta: secondo l’accusa, c’è Gianpaolo Scafarto dietro gli scoop di fine dicembre 2016 firmati da Lillo. Per questo per il maggiore del Noe, già indagato per falso e depistaggio, è stata formulata una nuova contestazione: rivelazione di segreto d’ufficio.
L’interrogatorio di Scafarto, interdetto per un anno dal proprio lavoro, è fissato per oggi. In mano, i magistrati capitolini avrebbero un messaggio di un maggiore del Noe e le testimonianze di due colleghi di Scafarto. Al centro delle rivelazioni contestate ci sono gli articoli pubblicati sul Fatto il 21 dicembre 2016, quando Lillo svela l’esistenza dell’inchiesta Consip, e nei giorni successivi, quando è stata rivelata l’iscrizione dell’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, e del ministro dello Sport, Luca Lotti, per rivelazione di segreto e favoreggiamento.
In un primo momento erano stati accusati il pm Woodcock e la giornalista Sciarelli: alla fine la stessa Procura, in mancanza di prove, è stata costretta a chiedere (e ha ottenuto) l’archiviazione. Adesso viene accusato Scafarto. “Per la seconda volta – spiega Marco Lillo – la Procura di Roma ritiene di aver individuato una mia fonte. Nel primo caso, quando sono stati accusati Woodcock e la Sciarelli, è andata male e sono intervenuto facendo una eccezione alla regola secondo la quale i giornalisti non parlano mai delle fonti, solo perché c’era un riferimento a un’amica e collega, Federica Sciarelli, tirata in ballo. In questo caso, come sempre, non voglio entrare nella questione fonti. Suggerisco alla Procura di valutare bene queste nuove accuse a Scafarto e di non ripetere l’errore fatto in passato”.
Il maggiore del Noe era già indagato per aver falsificato una parte dell’informativa del 9 gennaio 2017 quando attribuiva la frase “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato” all’imprenditore Alfredo Romeo (ora a processo per corruzione di un dirigente Consip). In realtà dai brogliacci risultava che ad aver pronunciato quella frase era stato l’ex parlamentare Italo Bocchino (indagato, intanto, in un filone dell’inchiesta, per traffico di influenze). Scafarto è accusato anche di rivelazione di segreto – per aver inviato alcuni atti dell’indagine ad ex colleghi poi passati nei servizi segreti – e di depistaggio, in questo caso con il vicecomandante del Noe, Alessandro Sessa.
L’indagine Consip però è molto più ampia. In un altro filone d’inchiesta è accusato di traffico di influenze il padre dell’ex premier, Tiziano Renzi, e il suo amico, Carlo Russo.