Durante l’interrogatorio di ieri, si è avvalso della facoltà di non rispondere il maggiore del Noe, Gianpaolo Scafarto, già indagato per falso e depistaggio, a cui la Procura di Roma ora muove una nuova contestazione. Secondo i pm, ci sarebbe lui dietro gli scoop del Fatto del dicembre 2016, quando il vicedirettore Marco Lillo scriveva sia dell’inchiesta Consip sia dell’iscrizione nel registro degli indagati del ministro Luca Lotti e dell’ex comandante dell’Arma Tullio Del Sette per rivelazione di segreto d’ufficio. In mano la Procura ha un messaggio (trovato nel cellulare sequestrato a Scafarto), datato 21 dicembre 2016, intorno alle ore 19. “Sono sul Fatto on line – scrive in sostanza un maggiore a Scafarto – e la storia del comandante indagato non è uscita. Così è un casino”. Il 22 dicembre il Fatto pubblica la notizia di Del Sette indagato.
Per i pm quel messaggio è la prova che negli uffici del Noe sapevano che la notizia stava per uscire. Poi un collega di Scafarto, nei mesi scorsi, ha raccontato ai magistrati che il colonnello Alessandro Sessa gli aveva confidato che Scafarto aveva ammesso di avere informato Marco Lillo dell’interrogatorio dell’ex ad di Consip, Luigi Marroni, e delle iscrizioni. Per questo a Sessa, già indagato per depistaggio, è stata contestata l’omessa denuncia. Erano già stati accusati di essere la fonte del Fatto il pm Henry John Woodcock e la giornalista Federica Sciarelli. Ma la Procura, in mancanza di prove, è stata costretta a chiedere (e ha ottenuto) l’archiviazione.
“Quando sono stati accusati Woodcock e Sciarelli – spiega Lillo – ho fatto una eccezione alla regola secondo la quale i giornalisti non parlano mai delle fonti, solo perché c’era un riferimento a un’amica e collega. In questo caso, come sempre, non voglio entrare nella questione fonti. Suggerisco alla Procura di valutare bene queste nuove accuse a Scafarto e di non ripetere l’errore fatto in passato”.