Sono credibili le promesse elettorali dei partiti? Ci sono le coperture per Flat Tax, abolizione della legge Fornero, reddito di cittadinanza, taglio di Ires, Irap, Irpef, cuneo fiscale, canone Rai, bollo auto e tutti gli altri mirabolanti impegni che i leader stanno prendendo in queste ore per conquistare lo scettro elettorale? Mi sbaglierò ma, mentre l’informazione è china sulle scrivanie a far di conto e a interpellare questo o quell’esperto per capire chi la spara più grossa, il fact checking che in questo momento mi sembra più utile e indicativo è ribaltare la prospettiva, guardare in faccia non i politici ma gli elettori e chiedersi: come stanno gli italiani?
Mi sbaglierò, ma a me sembrano logorati dalla crisi economica e molto delusi dalla politica e dalle troppe promesse non mantenute. Mi sembra che l’atmosfera nel Paese sia di grande disillusione, sia rispetto alla realtà – che gli italiani conoscono molto bene, ragion per cui non si bevono certo i proclami sulla “ripresa” e sul “siamo fuori dalla crisi” –, sia rispetto ai politici con la bacchetta magica. Mi sbaglierò, ma credo che gli italiani non voteranno sulla base dei programmi elettorali (farlocchi come le coalizioni, grazie al Rosatellum), né di questa o quella promessa strabiliante, né tantomeno sulla base della credibilità di questo o quel partito/leader nel realizzarla (ormai la credibilità in politica è andata a farsi benedire): voteranno sull’appartenenza per centrodestra e centrosinistra e sulla fiducia per il M5S.
Il redivivo centrodestra ritrova il redivivo leader Berlusconi e, al di là dei classici “meno tasse per tutti” (Flat Tax) e lotta all’immigrazione, ritrova con lui i suoi elettori. I quali, per un attimo, si erano invaghiti di Renzi, ma dopo aver provato la copia preferiscono tornare all’originale. Voto di appartenenza anche per il centrosinistra: nonostante gli scandali Etruria, Consip, De Luca e i tanti rospi che Renzi ha fatto e continua a far ingoiare agli elettori Pd, prevale lo gnocco fritto della Festa dell’Unità, che guaina lo stomaco e può trasformare pure il “rospo” Casini nel novello principe della rossa Bologna.
Il M5S – persa un po’ di passione con l’“istituzionale” Di Maio, la prova non esaltante di governo a Roma (alimentata dalla propaganda anti-Raggi di buona parte di stampa e tv, come conferma l’archiviazione sulla nomina di Romeo) e il recente pastrocchio (di questo si tratta, non avendo rilevanza penale) sulle mancate restituzioni di alcuni rimborsi – è troppo giovane per un voto di appartenenza. Il suo – mi sbaglierò – sarà soprattutto un voto sulla fiducia, sul “vediamo cosa sanno fare”, sulla base della diversità (e indigeribilità) degli altri.
Mi sbaglierò, ma credo che per gli italiani queste siano elezioni senza grandi aspettative, che il mood per centrodestra e centrosinistra sia: “Li abbiamo già visti all’opera, ma tant’è, senza troppe speranze”; per il M5S: “Non li abbiamo ancora provati, vediamo cosa sanno fare, senza aspettarci miracoli”.
Mi sbaglierò sicuramente. Anzi, sapete che c’è? Me lo auguro con tutto il cuore: spero che gli italiani, come al referendum costituzionale, smentiscano ogni previsione, anche le mie. E ci travolgano con la forza delle loro idee chiare.