L’indagine

Consip, Lotti e papà Renzi dovranno tornare dai pm

Nuovi interrogatori - Confronto tra l’ex ministro indagato e l’ex Ad della stazione appaltante Marroni, che lo accusa della fuga di notizie: uno dei due mente

16 Marzo 2018

L’ex ministro dello Sport Luca Lotti, fresco di elezione, tornerà in Procura. Il deputato di Montelupo Fiorentino è indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto dal 21 dicembre del 2016. A distanza di un anno e tre mesi, i magistrati capitolini titolari dell’inchiesta Consip hanno deciso di convocarlo per un confronto con il suo grande accusatore: l’ex amministratore delegato della centrale acquisti della Pubblica amministrazione, Luigi Marroni. Il punto è capire chi dei due abbia mentito. Marroni il 20 dicembre 2016 accusa Lotti di essere stato una delle “gole profonde” che lo avvertì delle indagini e delle microspie in Consip. Una settimana dopo, l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del governo Renzi corre in Procura, sostiene di non sapere nulla e di non aver avvisato delle intercettazioni nessuno. Ora i pm ritengono sia scoccata l’ora della verità.

Non è l’unico colpo di scena. Presto tornerà davanti ai magistrati Tiziano Renzi. Il padre dell’ex premier è accusato di traffico di influenze illecite e al centro dell’indagine c’è il pizzino con i “30 mila euro al mese per T.” e i 5 mila euro a bimestre per C.R. Secondo l’impostazione accusatoria (basata sulle intercettazioni di otto colloqui intercorsi tra l’agosto e l’ottobre del 2016) a vergare il foglio sarebbe stato l’imprenditore campano Alfredo Romeo. Il re degli appalti Consip per gli immobili pubblici avrebbe offerto 30 mila euro al mese a Tiziano e 5 mila al bimestre al suo “compare” Carlo Russo in cambio della capacità del babbo dell’ex premier (che agiva di concerto con Russo, per i pm) di influenzare Luigi Marroni, allora al vertice di Consip. Queste le accuse, anche se le uniche parole intercettate sono state quelle di Russo e Romeo: Tiziano Renzi non era presente negli otto colloqui registrati dai Carabinieri del Noe negli uffici di Romeo.

L’inchiesta non ha documentato passaggi di denaro e Tiziano Renzi quando è stato sentito dal pm romano Paolo Ielo (insieme ai colleghi di Napoli Celeste Carrano) il 3 marzo 2017 aveva negato tutto. Come disse il legale di Renzi, Federico Bagattini, Tiziano sarebbe stato “vittima di un abuso di cognome”.

In questi 15 mesi la Procura ha raccolto elementi che rendono necessario un nuovo interrogatorio. Prima di Tiziano però toccherà all’altro “pezzo grosso” dell’inchiesta: Luca Lotti. La versione dell’indagato sarà messa a confronto con quella del testimone Luigi Marroni. Marroni è stato silurato dal Pd proprio dopo avere sostanzialmente confermato a Roma, nel giugno 2017, le accuse iniziali del dicembre 2016 ai pm napoletani sulla fuga di notizie. Diversa la sorte giudiziaria e personale dell’altro iniziale accusatore: il presidente di Publiacqua Filippo Vannoni. Dopo la sua ritrattazione delle accuse è stato indagato per favoreggiamento ma è rimasto presidente della municipalizzata dell’acqua di Firenze.

I tempi della giustizia sono più lenti di quelli della politica. Dopo 15 mesi, dopo le elezioni primarie che hanno incoronato Renzi segretario del Pd e dopo le elezioni nazionali che lo hanno disarcionato, i pm tornano al punto di partenza: il verbale di sommarie informazioni reso il 20 dicembre del 2016 da Luigi Marroni, prima ai carabinieri del Noe e ai finanzieri del Nucleo di Napoli e poi ai pm Woodcock e Carrano. Stavolta però hanno in mano nuovi elementi per capire chi mente. Quando i magistrati napoletani chiedono perché abbia fatto bonificare il suo ufficio dalle cimici, Marroni a dicembre 2016 spiega: “Perché ho appreso in quattro differenti occasioni da Filippo Vannoni, dal generale (all’epoca comandante dei Carabinieri della Toscana, ndr) Emanuele Saltalamacchia, dal presidente (ora ex, ndr) di Consip Luigi Ferrara e da Luca Lotti di essere intercettato”.

A sua detta Ferrara lo avrebbe saputo dall’ex comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Tullio Del Sette. Il giorno dopo queste dichiarazioni, la procura di Napoli iscrive per rivelazione di segreto e favoreggiamento Lotti, Del Sette e Saltalamacchia, ora passato a comandare i Carabinieri del ministero degli Esteri. Anche Saltalamacchia sarà risentito.

Il confronto tra Lotti e Marroni si annuncia così drammatico. I pm rileggeranno le parole verbalizzate da Marroni il 20 dicembre. Poi la parola passerà a Lotti. Una cosa è certa: prima di giugno 2018, quando scadranno i termini dell’indagine, la Procura dovrà decidere se crede al politico o all’ex manager.

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