Non sembra, ma quelli che hanno più da perdere sono i 5 Stelle. Dopo il risultato ottenuto il 4 marzo, il M5S avrebbe dovuto essere più preoccupato che felice. Luigi Di Maio appare molto sicuro di sé. Così pareva anche ieri a Dimartedì. Se finge lo fa molto bene, se è sereno sul serio o è un fenomeno o uno scellerato. Un mese fa il M5S ha vinto, ma non ha vinto. Da solo non può governare, perché il Rosatellum è nato proprio per quello e perché col 32% non puoi in ogni caso pretendere di governare da solo.
Osservando Di Maio, si ha la sensazione di uno che ha la fregola di andare per forza al governo. Forse è una tattica, forse è ambizione. Di sicuro è un approccio lecito, ma pericoloso. Di Maio non può non sapere che, se accetta qualsivoglia accordo con Renzi e Berlusconi, perde in un colpo solo metà elettorato. Il M5S ha raggiunto quel che ha raggiunto proprio perché percepito come forza pienamente alternativa: se accetta l’abbraccio del Caimano e del suo figlioccio ripetente, butta via quasi tutto. Pare che, al momento, Di Maio lo abbia ben chiaro. Dovrà però essere bravo, lui come il Movimento, a resistere alle moral suasion di Mattarella (che farà di tutto pur di non tornare presto al voto) e alla tentazione del potere.
Se Di Maio resiste a quei due disastri politici lì, si aprono i due scenari ormai noti. Il primo, a oggi meno improbabile, è un governo con la Lega. Secondo un sondaggio di Demopolis, quasi un elettore su due del M5S vorrebbe – stante i numeri attuali – un governo Di Maio-Salvini. Già solo questo fa capire come i pressoché continui appelli a un esecutivo M5S-Pd siano sempre stati una perdita di tempo: finché c’è Renzi, non può esserci niente se non Renzi (cioè niente, appunto). Il Pd impiegherà anni per derenzizzarsi e probabilmente neanche ci riuscirà, a meno che nel frattempo Renzi non fondi il suo tardivo partituccio personale alla Macron.
Inseguire i Marcucci e Migliore, oggi, è la più deviata delle perversioni: finiamola, su. Resta quindi Salvini. Un politico, peraltro, che a molti elettori 5 Stelle sta antipatico ma neanche troppo. Sì, ma di che governo si parla? Davvero qualcuno crede che M5S e Lega potrebbero durare in maniera durevole? Follia. Litigherebbero dopo pochi mesi, a meno che Di Maio e Salvini – che appaiono tranquillissimi e quindi sanno molte più cose di noi – non sappiano già di dar vita a un governo breve e “di scopo”: legge elettorale, due o tre cose essenziali e poi voto, per una sorta di ballottaggio Lega-M5S. L’ipotesi meno sciagurata, almeno per me, e lo scrivo dal 5 marzo. Se invece Di Maio e Salvini pensano sul serio di poter governare cinque anni insieme, allora curateli.
Il secondo scenario, per i 5 Stelle, è quello più “puro” ma anche più frustrante: non cedere di un millimetro, a costo di non andare al governo e ritrovarsi – di nuovo – all’opposizione di una schifezza renzusconiana in salsa salviniana. Scenario mefitico, ma non così improbabile. I 5 Stelle farebbero opposizione con numeri mostruosi, crescerebbero nei consensi e giocherebbero la carta dei “martiri dell’inciucio”, ma vivrebbero col terrore di aver perso il treno (il governo) della vita. E Di Maio, che tra un anno potrebbe ricandidarsi – il vincolo del doppio mandato non varrebbe – ma tra cinque no, uscirebbe di scena senza aver mai governato. Ahi. Molto dipenderà anche da Salvini: avrà il coraggio di rompere con Berlusconi? Saprà resistere a Renzi&Boschi? Difficile a dirsi. Quelli che hanno più da perdere restano però i 5 Stelle: governare a tutti i costi o stare (per sempre?) all’opposizione? Questo è il problema.