L’Italia, con tutti i suoi pregi e tutti i suoi difetti, non è un Paese normale. Questo spiega la instabilità umorale ma anche informativa della grande stampa del mondo nei confronti del nostro Paese. Di volta in volta siamo l’antichità, la bellezza, l’esaltazione improvvisa del vino e della cucina di certe regioni. Alternati a taglienti e coloriti reporting sul crimine organizzato, il ridicolo della politica, la cattiveria verso i migranti.
Ciò che sta accadendo in questi giorni in Italia ci rivela forse aspetti importanti della nostra vera natura o almeno di tipici eventi della storia filtrati dallo strano ed estroso contesto italiano. La Chiesa cattolica è universale, ma ha sede in Italia. E in Italia adesso ha due Papi, che il clima culturale del Paese, così lontano dall’intransigenza protestante, ha benevolmente accettato, salvo dar luogo a due grandi complotti che non sono Papa contro Papa, ma certo Chiesa contro Chiesa. Il Quirinale ha avuto a momenti due Presidenti, sia quando Giorgio Napolitano è succeduto a se stesso, mettendo a confronto due diversi e inediti momenti politici quasi in tempo reale. Sia per il tempo non breve in cui la figura dominante del Presidente dei due mandati è stata percepita a lungo come presente e attiva sulla scena della vita pubblica italiana. Anche in questi giorni, quella presenza è apparsa come naturale, nell’importante discorso da presidente anziano del Senato appena eletto.
Senza che nessuno lo noti, l’Italia ha tuttora un governo “per gli affari correnti” che però dovrà rispondere a domande tutt’altro che “correnti” dalla commissione dell’Unione europea. Intanto vanno e vengono le impalcature, ora disposte in un modo ora in un altro, per la costruzione di un governo tutto diverso e tutto nuovo. Il fatto è che, a cominciare dalle prime proposte del premier 5Stelle designato Di Maio, si intravedono inclinazione alla convivenza, come dimostra la proposta, in apparenza sorprendente, di stilare un patto (un contratto) per governare insieme. Con chi? Come sapete l’idea è fondata su una alternativa da capogiro: governare con il Pd oppure governare con la Lega. Traduzione: quel che conta è governare, non con chi, non per cosa (i due partner indicati sono incompatibili) ma esclusivamente per controllare il punto alto del potere.
Qui però si aprono due interpretazioni della strana mossa. In una sembra di poter dire che i cinquestelle non hanno alcuna idea del dove si collochino i bottoni del potere, ma cercano solo il simbolo. È una interpretazione che funziona bene accanto all’idea di una supposta candida ingenuità di quel Movimento, che nella realtà è altamente improbabile. L’altra dice il contrario. Non solo sanno bene che cosa vogliono, ma non ce lo dicono.
Certo, si tratta di progetti che non cambiano, sia che si arruolino i Pd, sia che si assumano i padani, due gruppi politici immensamente diversi, immaginati entrambi come spendibili in giochi che comunque non capirebbero. Come si vede, pur restando vicino a radio, tv e Rete, si rischia di scivolare in una curiosa forma di fantascienza che vede un unico protagonista ricco di idee sconosciute e di carte coperte, un protagonista travestito da mite viandante orientato dal buon senso e da un toccante realismo. Non c’è dubbio comunque che due soli giocatori sono in pista. Uno, Salvini, spinge a spallate e gomitate. Da candidato premier, anche se a momenti tiene la palla, si capisce che non andrà lontano. L’altro, munito di un dettagliato “bugiardino” di “istruzioni per il dosaggio e gli ingredienti sul come si fa un governo”, passa, ripassa e va via sorridendo, bravo a incoraggiare senza dire nulla… Sembra che vada nella direzione sbagliata, ma non è detto.
Infatti, visto che tutto è assurdo o almeno certamente insolito, perché non lasciare lavorare il vecchio governo, usato sicuro, nelle sue stanze polverose sul retro, alle tante grane con l’Europa. E intanto lasciamo spazio (e tempo) al costante passare e ripassare del vincitore benevolo, il presunto nuovo premier che un giorno guiderà l’altro governo, e intanto lo rappresenta, visto che un minimo di lavoro parlamentare si può fare già adesso, nessuno mette fretta, nessuno invoca le urne o anche solo chiede di cambiare una legge elettorale che comunque produce lunghe feste, visti i risultati, per ben tre schieramenti su quattro. Pensateci, non è così assurdo. Un improvviso nuovo governo risveglierebbe bruscamente Salvini, costringerebbe Di Maio a rispondere all’imbarazzante domanda “E adesso?”. E Berlusconi dovrebbe rinunciare all’idea di una seconda visita al Quirinale, un evento che avrà stupito il mondo, dati i suoi precedenti penali, ma su cui nessuno, in Italia, ha speso una parola. Ma a noi italiani piace dire e ripetere che siamo speciali. Ecco fatto. Due Papi, due presidenti, due governi.