La Procura di Roma ha sentito nell’ambito dell’inchiesta Consip, come persona informata sui fatti, Matteo Renzi. L’interrogatorio si è tenuto nel massimo riserbo giovedì scorso. L’ex premier è estraneo all’inchiesta, che annovera tra gli indagati persone a lui molto vicine, come suo padre Tiziano (accusato di traffico di influenze illecite) e il ministro dello Sport, Luca Lotti (indagato per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento). Sul contenuto dell’interrogatorio le bocche sono cucite, ma secondo indiscrezioni, le domande dei pm Paolo Ielo e Mario Palazzi – presenti durante l’audizione insieme al procuratore capo Giuseppe Pignatone – avrebbero riguardato il capitolo fuga di notizie.
Il ruolo del ministro confermato da Marroni
In questo filone di indagine sono accusati, con Lotti, anche i generali Tullio Del Sette ed Emanuele Saltalamacchia. A tirarli in ballo è stato l’ex Ad di Consip, Luigi Marroni.
Il 20 dicembre 2016, ai pm partenopei (l’indagine poi è passata a Roma per competenza) che chiedevano perché avesse fatto togliere le cimici dal proprio ufficio, Marroni spiega: “Ho appreso in quattro differenti occasioni da Filippo Vannoni (presidente della fiorentina Publiacqua, ora indagato per favoreggiamento, ndr), dal generale Saltalamacchia, dal presidente di Consip Luigi Ferrara e da Luca Lotti di essere intercettato”. Ferrara a detta di Marroni, gli disse di averlo saputo da Del Sette. Versione che Ferrara non conferma e verrà indagato per false informazioni ai pm. Il manager ha ribadito queste accuse, anche se con alcune precisazioni, nei successivi interrogatori. Come pure ha fatto lo scorso 29 marzo, quando c’è stato il confronto con Lotti, il quale invece nega ogni coinvolgimento. Una settimana dopo, è stato convocato Matteo Renzi.
Matteo intercettato: “Devi dire la verità”
Ma nell’inchiesta Consip, le fughe di notizie si intrecciano, come pure i personaggi. Indagato eccellente è Tiziano Renzi, padre dell’ex premier, accusato con il suo amico Carlo Russo di traffico di influenze. Secondo l’impostazione iniziale ci sarebbe stato un accordo tra Russo e l’imprenditore campano Alfredo Romeo che prevedeva il pagamento di 30 mila euro al mese per Tiziano Renzi e 5 mila ogni due mesi per Russo, da parte di Romeo. In cambio di pressioni sui vertici Consip. Non ci sono prove di passaggi di denaro e il sospetto degli investigatori è che Russo abbia millantato. Interrogato il 3 marzo 2017, il padre dell’ex premier ha negato di aver preso soldi. I magistrati romani però ritengono che un incontro tra lui e Romeo possa essere avvenuto intorno al 16 luglio 2015 in un bar di Firenze, anche se sono convinti che non abbia a che vedere con il presunto accordo di cui parlava l’imprenditore con Russo.
Anche Matteo Renzi, in una telefonata, intercettata il 2 marzo 2017 – il giorno prima dell’interrogatorio di Tiziano a Roma – chiede al padre se ha incontrato Romeo. Quella mattina Repubblica intervista l’ex tesoriere Pd Campania, Alfredo Mazzei, che dice di aver saputo di una cena tra Romeo, Tiziano Renzi e Russo in una “bettola romana” (circostanza non verificata). Matteo chiede al padre se è vero. I carabinieri nel brogliaccio annotano: “Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no”. Il padre quindi cerca di ricordare: “Quando lui ha fatto il ricevimento al Four Season c’erano una serie di imprenditori ma c’era anche la madre Lalla (Laura Bovoli, madre di Matteo, ndr) e siamo andati via subito”. Il riferimento potrebbe essere a un convegno al Four Season con esponenti del mondo delle imprese durante le primarie di fine 2012. “Non dire che c’era mamma – interrompe Matteo – altrimenti interrogano anche lei”. Poi l’ex premier aggiunge: “Tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca”, dove Luca potrebbe essere Lotti. Per i magistrati questa telefonata non è penalmente rilevante, tanto che non sarebbe stata oggetto dell’audizione di Matteo Renzi.
Billi l’autista assessore e la cena con il generale
Ma, come detto, in Consip, le storie si intrecciano. E i legami tra i protagonisti, li racconta ai pm il 3 marzo 2017 Daniele Lorenzini, sindaco di Rignano sull’Arno, paese di Tiziano Renzi.
Lorenzini parla di un incontro in cui “Tiziano mi disse che aveva saputo di essere coinvolto in un’indagine di Napoli che riguardava un ‘soggetto di Napoli’, che lui aveva incontrato una sola volta”, spiegando che lui non c’entrava nulla. “Confermo di avere parlato di tale indagine – dice Lorenzini, sentito come persona informata sui fatti – anche con Roberto Bargilli, che è (era, ndr) un mio assessore”. Bargilli, detto Billi, è l’autista del camper che accompagnò Matteo Renzi per le primarie 2012. Ed è lo stesso che il 7 dicembre 2016 chiama Russo e gli dice: “Scusami ti telefonavo (…) per conto di babbo (…) Mi ha detto di dirti di non chiamarlo e non mandargli messaggi”. Una telefonata che arriva appena due giorni dopo l’inizio delle intercettazioni della Procura di Napoli sul telefonino di Tiziano. “Più che una chiamata era un messaggino, se ben ricordo – ha spiegato Bargilli (non indagato) quando l’intercettazione è finita sui giornali – che mandai su richiesta di Tiziano, perché era stressato da Russo che continuava a cercarlo”.
Ma Lorenzini racconta anche altro: ossia di una cena a casa di Tiziano Renzi, in cui era presente anche Saltalamacchia, il generale coinvolto nel filone di indagine sulla fuga di notizie ricostruita da Luigi Marroni. “Mentre eravamo in giardino – dice Lorenzini – ho sentito Saltalamacchia dire a Tiziano che sarebbe stato meglio per lui non frequentare un soggetto, di cui tuttavia non ho sentito il nome, perché era oggetto di indagine. (…) Ricordo anche che sentii Saltalamacchia dire a Tiziano di non parlare al telefono”. Circostanze che Saltalamacchia avrebbe smentito.