La Procura di Roma ieri ha fatto uscire una smentita alle indiscrezioni sull’interrogatorio di Matteo Renzi: “I virgolettati apparsi oggi sui quotidiani, relativi al contenuto dell’esame del senatore Matteo Renzi, sono frutto di operazioni di fantasia”. Secondo gli inquirenti, inoltre, anche le “restanti parti del contenuto dell’audizione sono frutto di illazioni che portano in larghissima parte a conclusioni non corrispondenti al vero”.
I quotidiani avevano riferito il senso delle sommarie informazioni di Matteo Renzi (alcuni riportando addirittura i virgolettati e altri senza) rese come testimone nelle indagine contro Luca Lotti. L’ex premier avrebbe (il condizionale è d’obbligo non essendo depositato il verbale) smussato le sue precedenti dichiarazioni, rese agli avvocati e non ai pm, sulla scarsa simpatia tra Luca Lotti e Luigi Marroni.
I difensori del ministro Lotti (indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento in quanto accusato da Luigi Marroni di avergli spifferato l’esistenza di indagini e intercettazioni sulla Consip) avevano ascoltato nell’ambito delle loro indagini difensive l’ex premier e avevano depositato il suo verbale. Renzi nel verbale reso alla difesa avrebbe confermato la tesi di Lotti sulla scarsa simpatia tra l’allora sottosegretario alla presidenza Lotti, nominato nel 2014 e Luigi Marroni, nominato al vertice di Consip nel giugno 2015. Il verbale era stato depositato dalla difesa di Lotti al fine di rendere meno credibile la versione del grande accusatore. Marroni ha raccontato ai pm di Napoli a dicembre 2016 e poi a quelli di Roma nel luglio 2017 di avere saputo dell’esistenza delle intercettazioni proprio da Lotti. Tesi confermata in faccia a Lotti stesso quando c’è stato il confronto tra i due, con l’aggiunta del particolare della data e del luogo dell’incontro: 3 agosto 2016 a Largo Chigi.
Per ribattere all’accusa, Lotti, secondo i resoconti dei quotidiani, avrebbe descritto i suoi pessimi rapporti con Marroni. Lo scopo era duplice: rendere poco credibile una soffiata in favore di un “non amico” e poi far balenare un possibile movente delle accuse false di Marroni; il manager sapeva che Lotti non lo sopportava ed era stato contrario alla sua nomina in quanto lo considerava un uomo del governatore della Toscana Enrico Rossi.
Per quale ragione dunque – è la tesi difensiva di Lotti, condivisa da Renzi – il braccio destro di Matteo avrebbe dovuto mettere a rischio la sua fedina penale e la sua carriera per un soggetto che non stimava e che non era suo amico?”.
Ecco l’importanza del secondo verbale di sommarie informazioni pubblicato ieri dai quotidiani ma smentito dai pm: Renzi nell’audizione di giovedì scorso avrebbe smussato le sue precedenti parole sulla “contrapposizione” tra il manager e il ministro. Si tratta però di una tempesta in un bicchiere d’acqua. Cosa può spostare la questione dell’inimicizia tra Lotti e Marroni nel caso Consip? La Procura avrà ragione sulle imprecisioni dei quotidiani ma il senso della questione non cambia.
Matteo Renzi davanti ai pm non ha potuto sostenere che i rapporti tra Lotti e Marroni erano pessimi perché l’avvocato Luigi Ligotti, che affianca e consiglia Luigi Marroni, aveva già annunciato di potere documentare i loro cordiali rapporti mediante le email scambiate tra i due. Inoltre la questione è davvero irrilevante. La domanda retorica che Matteo Renzi e Lotti usano come un’argomentazione contro ogni accusa penale o politica sul caso Consip, in fondo è facilmente smontabile. Quando Lotti e Renzi si chiedono retoricamente: “Che interesse poteva avere Lotti a informare delle indagini una persona che non gli era amica e che non stimava come Marroni?”. La risposta potrebbe essere: se Lotti ha avvertito davvero Marroni delle intercettazioni non lo ha fatto certo per salvare Marroni ma per aiutare Tiziano Renzi. Si può sostenere che Marroni menta e che Lotti dica la verità. Quello che non si può sostenere è che la ricostruzione di Marroni non abbia senso.