Esce oggi il volume Mutualismo di Salvatore Cannavò: il futuro è nella riscoperta delle origini
La condizione preliminare per recuperare credibilità politica a sinistra è il “fare da sé”, agire da sé. Fare da sé significa soprattutto ridare senso pratico a una parola confinata nei sentieri della carità cristiana: solidarietà. Più che una parola è un concetto forte, figlio di un pensiero forte. Inizia a sostituire l’ultimo termine della triade francese, Liberté, Egalité, Fraternitè, nelle giornate gloriose, anche se sconfitte, della rivoluzione del 1848. Come sottolinea Stefano Rodotà, “la solidarietà nasce come concetto strutturato, come ideologia, alla fine del XIX secolo: essa implica allora una nuova rappresentazione del legame tra sociale e politico [corsivo nostro], che porta a una profonda trasformazione dei modi di gestione del sociale e delle forme di intervento pubblico. Il solidarismo è quindi il mezzo per radicare la repubblica dotandola di una nuova legittimità”. La solidarietà fonda, scrive ancora il compianto giurista, “il sentiment républicain” e quel termine construit sta a indicare proprio la separazione del termine “solidarietà” dall’ancestrale “fraternità”.
La forza della sorgente classe operaia, a partire dal 1848, conferirà a quella definizione il suo carattere, appunto, “costitutivo” che viene codificato nelle Costituzioni sociali del secondo dopoguerra. A partire dall’esperienza francese, la solidarietà “si distacca sempre più nettamente dalla matrice caritativa, si fa strumento di organizzazione politica e di emancipazione sociale e così si manifesta con particolare intensità come solidarietà operaia o di classe ponendo le premesse per una forma di stato connotata dal riconoscimento pieno dei diritti sociali e dal principio di solidarietà che ne costituisce il solido fondamento”. Solidarietà, però, per non essere confinata nel recinto delle buone intenzioni, deve avere un significato concreto, tradursi in una pratica operativa quotidiana e da qui costruire legami e connessioni che reggano nel tempo. Dopo le rivoluzioni o i cambiamenti epocali, il movimento operaio costruisce la propria continuità su strati e strati di solidarietà che resistono agli urti, impediscono il riflusso della marea di movimento, rispondono alla repressione. Anche la storia del Partito comunista italiano, del “partito nuovo” da Togliatti in poi, non si spiega senza l’organizzazione di “società nella società” come abbiamo già visto.
Il mutuo soccorso è una forma alta di solidarietà perché lascia sul terreno piccoli accumuli di coscienza da utilizzare per espandere la solidarietà di classe (…) “Fare da sé” seleziona le figure che possono dedicarsi a un nuovo volontariato militante, definisce le relazioni e i linguaggi, perimetra gli spazi di azione. Costituisce un significante che dura nel tempo e non viene smentito dal significato (…) Il meccanismo di formazione di una coscienza politica comincia non solo nel momento, importante, della critica all’esistente (…) ha bisogno dell’associarsi, del coordinamento delle idee e delle esperienze, della pratica comune, della solidarietà. Scrive Karl Marx nei Manoscritti economico-filosofici: “Quando gli operai comunisti si riuniscono essi hanno come primo scopo la dottrina, la propaganda, ecc. Ma con ciò si appropriano insieme di un nuovo bisogno, del bisogno della società e ciò che sembra un mezzo è diventato uno scopo”. In queste poche frasi c’è tutto il problema degli strumenti, dei tempi, delle modalità, dei ritmi dei processi di soggettivazione politica.