Quattro schemi e un funerale, cioè le elezioni anticipate. L’ora “ics” delle fatali consultazioni del capo dello Stato s’avvicina e nel centrodestra, meglio dentro Forza Italia, si registra un incessante lavorìo per trovare una soluzione contro il voto in autunno, a settembre o ottobre.
Il Quirinale è al corrente di questi “movimenti” diurni e notturni – definirle vere e proprie trattative è forse troppo – e vi assiste con un realismo che rasenta l’atarassia. Ossia, parafrasando Democrito, con un stato d’animo di perfetta indifferenza, o quasi. Tanto il momento della verità è domani al terzo giro di consultazioni e Sergio Mattarella farà tutte le sue domande in merito, cercando di avere risposte certe, se mai ci saranno.
Primo schema. È l’unico che ha qualche probabilità residua di verifica. Ed è un pre-incarico o un incarico pieno alla presidente del Senato Elisabetta Casellati, già esploratrice senza successo del perimetro tra centrodestra e Cinquestelle. Stavolta però il suo nome potrebbe essere fatto per un esecutivo sostenuto dal centrodestra con un appoggio esterno del Pd. Dice un influente berlusconiano: “Il nome di Casellati è l’unico per ingabbiare Salvini e Meloni, contrari a ogni collaborazione con il Pd, ma comunque è difficile”. In ogni caso l’eventualità di un pre-incarico consentirebbe alla presidente del Senato di guadagnare altri giorni per far maturare un’improbabile svolta, sia sul fronte fascioleghista, sia su quello dei democratici.
Ragionano al Colle: “Renzi ha appena chiuso una direzione dicendo mai con Salvini o Di Maio. Un pre-incarico? Non ce n’è bisogno: Mattarella incontrerà Martina subito dopo la delegazione del centrodestra e glielo chiederà direttamente: ‘Siete disponibili ad appoggiare un tentativo del centrodestra?’”. Comunque su Casellati pesa il precedente istituzionale del dc Amintore Fanfani nel 1987: fu lui, presidente del Senato e premier di un governo senza fiducia nel Parlamento, a traghettare il Paese al voto delle elezioni politiche di quell’anno. Ma in questo caso la composizione di un esecutivo Casellati sarebbe diversa da quella di uno di centrodestra.
Secondo schema. Discende dal primo ed è un governo di centrodestra camuffato da esecutivo di scopo. È la versione berlusconiana dell’offerta salviniana dell’altro giorno al M5S, immediatamente respinta da Luigi Di Maio. In pratica l’ex Cavaliere avrebbe già offerto al Pd un premier modello Guido Tabellini, l’ex rettore della Bocconi, per superare l’estate, fare la manovra in autunno e finire a dicembre. In pratica un governo dell’Iva con voto anticipato a fine febbraio. Ovviamente l’incognita è il solito Salvini, che non concederà mai a Di Maio di cavalcare da solo le sterminate praterie dell’opposizione.
Questo schema però potrebbe essere propedeutico al vero governo di tregua che Sergio Mattarella prospetterà ai suoi interlocutori. Tabellini o meno, dalle parti del Pd renziano si chiedono: “Come farà tutto il centrodestra a dire di no al presidente della Repubblica?”. Ogni riferimento al leader leghista è fortemente voluto.
Terzo schema.Qui si entra nel territorio ai confini della realtà. Nel senso che i “movimenti” ci sono ma non porteranno a nulla. Tutto nasce dagli abboccamenti quotidiani tra Gianni Letta e Luca Lotti, ambasciatori del renzusconismo. Sarebbe stata esaminata persino un’ipotesi tra Pd e Forza Italia ma in questo caso i famigerati Responsabili, alla Camera, dovrebbero essere ben cento. Un’impresa disperata. Ma se per miracolo dovesse essere fattibile, al Quirinale s’avanza un’obiezione decisiva: “Quale sarebbe l’impatto di un governo degli sconfitti Renzi e Berlusconi?”.
Al di là di tutto, il fenomeno rinato del lettalottismo è il segnale della strategia renziana di creare un blocco centrista alla Macron. Per farlo, l’ex Rottamatore aveva messo in conto anche la scissione dal Pd ma i sondaggi commissionati in segreto su un nuovo partito renziano sono stati spietati: non più del 3 per cento, come Liberi e Uguali.
Quarto schema.Come il precedente, appartiene alla sfera dell’irrealtà. Se non altro perché presupporrebbe un incarico a Salvini o Giorgetti, che ormai dentro Forza Italia danno per “impossibile”. È la strada del centrodestra più Responsabili. Ma i 50 necessari alla Camera, con tanto di nomi e facce come chiede il capo dello Stato non ci sono.