Caro direttore, è in atto un “piccolo” attentato alle prerogative del presidente della Repubblica, ed è purtroppo avallato dal ministro della Difesa: davanti al Tar Toscana l’Avvocatura distrettuale dello Stato definisce irrilevante la firma del Presidente nei decreti amministrativi. Per come è argomentata, la tesi potrebbe applicarsi perfino agli atti normativi e legislativi. Che la firma ci sia o meno, o perfino che sia falsa, non cambia nulla, sostiene l’Avvocatura, degradando l’irresponsabilità funzionale del Presidente (che è una garanzia) alla mera formalità dei suoi atti. Conta solo la volontà del governo, che propone l’atto e poi lo controfirma.
La tesi aberrante è contenuta nelle memorie in rappresentanza del ministero della Difesa, relative a una vicenda interna all’Aeronautica militare che, nel 1983, punì con la radiazione il capitano pilota Mario Ciancarella, incolpato di violazioni alla disciplina militare (disobbedienza, insubordinazione, diffamazione) per aver offeso il prestigio dell’Arma e dei superiori attraverso le denunce paradossalmente riportate nell’atto di incolpazione, e sulle quali non si è mai indagato: “Violazioni valutarie, sulla sicurezza e l’impiego di velivoli ed equipaggi, sull’impiego (il)legittimo di fondi di bilancio; incidenti di volo insabbiati, falsificazione di libri di volo (e delle) firme su quietanze di valuta”.
Il caso, iniziato almeno nel 1980, di tanto in tanto suscita l’interesse della cronaca per avere punti di contatto con alcuni misteri irrisolti, dalla strage di Ustica ai “suicidi” sospetti, fino all’omicidio del parà Emanuele Scieri (per il quale non è mai stato indagato nessuno; salvo Mario Ciancarella, imputato di calunnia e arrestato – caso unico per quel reato, con provvedimento poi annullato dalla Cassazione – per aver denunciato con 17 anni di anticipo quello che la commissione d’inchiesta della Camera ha da poco accertato).
La legittimità della radiazione è all’esame del Tar, che – qualunque cosa deciderà il 16 maggio sulla eventuale nullità dell’atto – non si farà condizionare dalla sprezzante tesi dell’Avvocatura. E non intendo parlare del caso, del quale per evitare conflitti d’interesse non mi sono mai occupato in 35 anni di professione giornalistica: Mario Ciancarella è mio fratello.
Sono però in atto due fatti gravi sul piano istituzionale, che non riguardando più l’ipotesi che ufficiali dell’Aeronautica possano aver esercitato in modo distorto la loro autorità, per coprire abusi denunciati da un subordinato; e il perché si sia arrivati al punto di falsificare un atto presidenziale mai notificato, definito “decreto ministeriale” dal Bollettino Ufficiale della Difesa, poi tenuto nascosto per decenni, infine (scomparsi il presidente Pertini e il ministro Spadolini) esibito in fotocopia. Il Tribunale di Firenze ha disposto una perizia e ha dichiarato falsa la firma del presidente della Repubblica, con sentenza passata in giudicato nel 2016.
Il falso accertato è all’origine di quanto è avvenuto alla Camera e sta proseguendo davanti al Tar. Interrogata, nel 2017, su cosa intendesse fare per restituire “il grado e l’onore militare al capitano Ciancarella”, la ministra Pinotti assicurò la sua “attenzione” perché “tutto quanto compete all’Amministrazione della Difesa sia eseguito con estrema accuratezza”. Ma non disse una sola parola sulla falsificazione della firma del Presidente Pertini, evidentemente compiuta con l’assenso o su richiesta di alti ufficiali dell’epoca: non l’annuncio di un’inchiesta interna, non il suo sdegno, non il rammarico e le scuse al Presidente della Repubblica, ancor più doverose in quanto suo predecessore alla Difesa.
L’“attenzione” promessa non ha avuto alcun seguito ed è stato inevitabile rivolgersi al Tar. Lì, pur di sostenere la legittimità della radiazione, l’Avvocatura dello Stato ha compiuto il secondo e più grave strappo istituzionale, la già descritta tesi della irrilevanza e della sostanziale inutilità della firma presidenziale. Quegli atti certamente esprimono la volontà e la responsabilità del governo, ma sono attribuiti al Presidente nel quadro delle funzioni definite dal costituzionalista Ernesto Bettinelli a Firenze qualche anno fa, di “garanzia effettiva”. Libero, grazie alla controfirma ministeriale, da ogni responsabilità, il Presidente è “vincolato al dovere assoluto di osservanza attiva della Costituzione, che egli presidia” attraverso i poteri di controllo.
L’Avvocatura dello Stato, giustamente, difende gli interessi dell’Amministrazione con qualsiasi argomento sostenibile in diritto. Ma è un corpo professionale autonomo e indipendente: non può farlo con acrobazie giuridiche lesive di altre istituzioni (e che certamente non avrebbero consentito a chi le ha firmate di superare il concorso da Avvocato dello Stato).
Il 3 marzo 2017 il sindaco di Lucca, Alessandro Tambellini, e il presidente del Consiglio comunale, Francesco Battistini, consegnarono al presidente Mattarella in visita alla città una lettera del capitano Ciancarella. Non aggiunsero altro, perché il capo dello Stato disse di conoscere il caso. Vorrei credere che i consiglieri lo abbiano informato in modo completo, anche della lesione alle sue prerogative. Ma ne dubito. Se applicasse il criterio di Einaudi (“il dovere di trasmettere intatti al mio successore i poteri stabiliti dalla Costituzione”) nel modo affermato da Napolitano (non condiviso dal Fatto, ma mi sia consentita la citazione) attraverso l’Avvocatura dello Stato nel “caso Trattativa”, si profilerebbe un nuovo conflitto tra poteri davanti alla Corte costituzionale, affinché dichiari che “non spetta all’Avvocato dello Stato e al ministro della Difesa sostenere in giudizio l’irrilevanza della firma presidenziale”. Già, ma chi rappresenterebbe il presidente della Repubblica davanti alla Consulta?
Forse il “piccolo” attentato e i suoi effetti sulle istituzioni non sono poi così piccoli. Per questo, direttore, ho chiesto ospitalità e ti ringrazio di avermela data.