“Io sono abituato ad alzarmi la mattina e ad andare a lavorare. E così, adesso, vengo qui a Montecitorio e visto che non abbiamo ancora gli uffici, mi metto in sala lettura”. Luigi Marattin, deputato neo eletto del Pd, ex consigliere economico di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, si attrezza così, con il suo portatile e i resoconti della Commissione speciale (di cui è componente), utilizzando quella che storicamente è la stanza dove i deputati, fingendo di dare uno sguardo ai giornali, si riposano. In alcuni casi, addirittura dormono.
La condizione, in questa lunghissima fase post-elettorale, è comune. In Senato gli uffici sono stati assegnati da poco. Alla Camera sono in via di assegnazione in questi giorni. Racconta Stefano Ceccanti, anche lui dem, di mestiere professore, due legislature fa senatore, e ora deputato dem: “Il gruppo ci ha appena mandato la mail chiedendoci indicazioni su con chi vogliamo stare in ufficio”.
Pochi giorni dopo le elezioni il gruppo leghista incredibilmente nutrito si riuniva nei suoi spazi storici. “Siamo un esercito”, scherzavano. Adesso, però, i singoli deputati gli uffici non ce li hanno. Accade lo stesso negli altri gruppi: Cinque Stelle, Forza Italia, Liberi e uguali. Qualcuno una sistemazione l’ha trovata, ma si tratta più che altro di chi fa parte della presidenza dei gruppi.
Sospensione è la parola giusta per descrivere questo momento. Dall’ufficio stampa di Montecitorio fanno sapere che il ritardo nell’assegnazione degli spazi dipende dal fatto che la divisione è stata più complicata del solito per il forte travaso dei gruppi. E poi, non essendo ancora state costituite le Commissioni, quasi tutti sono ancora in attesa di collocazione. Non solo: molti uffici sono assegnati a Ministri e Sottosegretari del governo Gentiloni. Dunque, finché quello è in carica, sia pure per gli affari correnti, non possono essere liberati.
Insomma, esiste un Parlamento, insediato sì, ma non del tutto, e un esecutivo, dimissionario sì, ma che va avanti. Anzi, si può dire che il Parlamento fino ad ora – a parte per l’elezione degli uffici di Presidenza di Camera e Senato e della Commissione speciale – abbia funzionato solo per dire di sì a decisioni prese a Palazzo Chigi. La Speciale in questo momento è impegnata nelle audizioni per il Def, ovviamente predisposto dal governo Gentiloni. Fino ad ora ha esaminato, discusso e approvato una serie di atti dell’esecutivo: il decreto legge sulla proroga dei membri dell’Autorità per l’energia, Reti e Ambiente e una serie di decreti legislativi (sulle assicurazioni, sui marittimi, sulla privacy, sull’ambiente). Senza troppe divisioni. Lo stesso è successo in Aula: le poche volte che il Parlamento si è riunito è stato per votare qualche decreto. Anche qui, senza lacerazioni, né discussioni.
Quello che, invece, non ha fatto, è stato eleggere il componente mancante della Consulta, in sostituzione del penalista Giuseppe Frigo, espressione del centrodestra, che ha lasciato la Corte nel lontano novembre 2016. Come non ha eletto i due consiglieri laici per il Csm, i sostituiti degli ex membri del Consiglio superiore Maria Elisabetta Alberti Casellati (oggi alla guida del Senato dopo essere stata componente laica del Csm fino a marzo) e Pierantonio Zanettin (per varie legislature parlamentare di Forza Italia, anche lui al Csm fino a marzo 2018), eletto a Montecitorio alle ultime elezioni. Servono la maggioranza di due terzi del Parlamento e si tratta di scelte politiche.
Il governo dimissionario governa, il Parlamento eletto non legifera.