È sulla mancata realizzazione della Carta valanghe che si stringono le maglie dell’inchiesta sul disastro di Rigopiano. A finire nel registro degli indagati questa volta sono i vertici della Regione Abruzzo, presenti e passati. Si va dall’attuale governatore Luciano D’Alfonso (che mantiene anche la poltrona da senatore del Pd), ai suoi predecessori Gianni Chiodi e Ottaviano Del Turco. Per loro, i reati ipotizzati sono concorso in omicidio, lesioni e disastro colposo.
Con le stesse accuse, la Procura di Pescara ha indagato anche gli assessori con le deleghe alla protezione civile dal 2007 a oggi, ovvero Tommaso Ginoble, Daniela Stati, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca, e poi, sempre per le vicende che riguardano la mancata realizzazione della Carta valanghe, risultano indagati anche alcuni funzionari regionali. Una decina di persone che vanno ad aggiungersi alle 23 già da tempo iscritte nel registro degli indagati.
Una legge non attuata e l’inerzia lunga decenni potrebbero essere alla base del disastro dell’hotel sulle montagne abruzzesi, in cui nel gennaio del 2017 persero la vita 29 persone e una rimase gravemente ferita sotto una slavina che spazzò via la struttura.
Per il Procuratore capo Massimiliano Serpi, “si è reso necessario approfondire il tema dei tempi, modi e risorse finanziarie necessarie per la redazione della Carta localizzazione pericolo valanghe da parte dell’Ente Regione Abruzzo sia nelle sue articolazioni politiche che tecniche amministrative, a far tempo dall’emergere nel 2007 nell’ambito della carta storica delle valanghe del sito di Rigopiano, nonché in punto di gestione regionale dell’emergenza neve nel gennaio 2018”.
Un ulteriore passo avanti che investe la politica regionale e che, spiegano ancora dalla Procura, è arrivato dopo “una prima impegnativa fase investigativa volta ad acquisire il quadro complessivo”. Diversi infatti i temi sul tavolo degli inquirenti, dalla prevenzione del rischio valanghivo al rispetto delle normative per l’edificazione dell’hotel e resort Rigopiano, fino alla gestione dell’emergenza neve e viabilità e agli eventuali ritardi nelle operazioni di soccorso. Oggi il cerchio si stringe sulla mancata redazione della Carta valanghe. La lunga serie di omissioni a riguardo, è stata elencata i primi di marzo in un esposto contro il presidente D’Alfonso, presentato dagli avvocati del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (tra gli indagati).
Tra rinvii e omissioni si parte dal 1993, quando il Coreneva, il comitato regionale neve e valanghe, risulta aver sollecitato la realizzazione della Carta. Nel 2014 è l’ex governatore Chiodi a fare una delibera che però non vede mai attuazione, tanto che l’iter si è messo in moto solo dopo la strage di Rigopiano.
I primi ad essere iscritti nel registro degli indagati, tre mesi dopo la tragedia, sono stati il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, funzionari della stessa Provincia, il sindaco Lacchetta, un tecnico comunale, e Bruno Di Tommaso, gestore dell’albergo. Lo scorso novembre, a questi nomi si sono aggiunti quelli di altre 17 persone, tra cui l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo.