L’ultimo giorno dell’infinita trattativa tra Lega e Movimento 5 Stelle è anche uno dei più tesi. Matteo Salvini e Luigi Di Maio chiudono l’accordo su premier e governo in tarda mattinata, poi il leghista lancia un messaggio molto ruvido in direzione Quirinale: “Ora nessuno metta veti”. Una dichiarazione che entra in conflitto con la linea di Sergio Mattarella, annunciata pochi giorni fa a Dogliani: quello del presidente della Repubblica, ha detto, non è un incarico “notarile”. E le sue prerogative – la nomina del premier e dei ministri – sono chiaramente stabilite dalla Costituzione. Come intende esercitarlo lo scopriremo oggi: con ogni probabilità Salvini e Di Maio saranno convocati al Colle.
La giornata prende forma a Roma, attorno alle 11: Di Maio e Salvini si incontrano per l’ultimo faccia a faccia. L’incontro dura più di un’ora. Ed è quello decisivo: l’accordo sui nomi del governo gialloverde arriva 77 giorni dopo la data delle elezioni. L’identità del premier rimane ovviamente top secret, ma tutti gli indizi portano all’avvocato e docente universitario Giuseppe Conte.
L’annuncio della fumata bianca lo dà il leghista, in visita a un gazebo del Carroccio a Fiumicino. Arriva alle 15 e 30, sale sul banchetto con un megafono e proclama: “Stamattina abbiamo chiuso il lavoro sia sul candidato premier che sulla squadra dei ministri, quindi siamo pronti a partire”. Poi arriva la freccia scagliata verso il Colle: “Speriamo che nessuno metta veti”. Dalla selva di microfoni di fronte al leghista arriva una voce: “Parla di Mattarella?”. Salvini ripete: “Nessuno”. E poi aggiunge: “L’unica cosa che non potremmo accettare saranno dei ‘no’ al voto che voi avete dato il 4 marzo. O nasce un governo che può lavorare oppure torniamo a votare”.
Il fastidio di Salvini è la spia della fatica accumulata in questi giorni: l’accordo tra Lega e M5S è rimasto in sospeso davvero fino all’ultimo. Dai piani alti del Movimento erano arrivati segnali negativi ancora tra sabato notte e domenica mattina, prima dell’incontro risolutivo. Ma è chiaro che se Sergio Mattarella dovesse esprimere un giudizio negativo su una o più tessere di un mosaico composto con tanta difficoltà, sarebbe praticamente impossibile rimettere mano all’accordo: un “no” del Quirinale potrebbe affondare definitivamente l’ipotesi gialloverde.
Il nome su cui Salvini non vuole sentire veti sarebbe quello di Paolo Savona. Economista 81enne, gradito alla Lega per le sue posizioni sull’Euro, ha avuto un’esperienza da ministro dell’Industria durata un anno nel governo Ciampi (aprile ‘93- aprile ‘94), in passato è stato vicino a Francesco Cossiga: a lui potrebbe spettare la casella dell’Economia. Mentre Di Maio ieri ha praticamente annunciato una delle caselle ottenute dal Movimento: “Abbiamo chiesto di avere un super ministero che accorpi Sviluppo economico e Lavoro, per risolvere i problemi degli italiani”. Potrebbe guidarlo proprio lui.
Nell’ultima giornata di tensione dei gialloverdi si registra l’ennesimo messaggio ostile che arriva dall’Europa. Stavolta dalla Francia, dal ministro dell’economia Bruno Le Maire: “Se il nuovo governo si assumerà il rischio di non rispettare i propri impegni sul debito, sul deficit, ma anche sul consolidamento delle banche, ad essere minacciata sarà la stabilità finanziaria di tutta l’Eurozona”. Osservazione che arriva, curiosamente, da un Paese che ha violato per 10 anni consecutivi il Patto di stabilità (il rapporto deficit/Pil nel 2017 è tornato sotto il 3% per la prima volta nell’ultima decade).
Salvini ha risposto via Twitter: “Un’altra inaccettabile invasione di campo. Si mettano l’anima in pace, se ci chiedono di fare come i governi precedenti, faremo l’esatto contrario”.
Anche Di Maio ha risposto durante un comizio a Teramo. Sulle questioni europee è decisamente più felpato del leghista: “Al ministro francese rispondo con un sorriso. Fateci partire e poi ci criticate, ne avete tutto il diritto”.