Due spezzoni di targa con i numeri che mancano da quelle utilizzate dai killer di Piersanti Mattarella trovati in un covo dei Nar solo alla seconda perquisizione. E uno strano verbale firmato dal generale Mario Mori. In “Ombre nere’’ di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza (Rizzoli), in libreria dal 15 maggio, la ricostruzione del delitto che, dopo Moro, segnò la fine della solidarietà nazionale aprendo di fatto la strada al rampantismo craxiano.
Il 15 ottobre 1982 i carabinieri di Torino ricevono la segnalazione e localizzano il covo in un appartamento al quarto piano di via Monte Asolone n. 63. I militari (…) il 20 ottobre fanno irruzione: non trovano nessuno, ma sequestrano armi, munizioni, bombe e alcune targhe. Nessuna di queste è contrassegnata con la sigla “PA”. (…) La sera del 25 ottobre – dopo avere visto una luce nell’appartamento al quarto piano di via Monte Asolone – decidono per una seconda irruzione e per una nuova perquisizione che coinvolge anche gli stabili attigui ai civici 59 e 61. Spuntano le due targhe di Palermo citate da D’Ambrosio.
Nel primo verbale di sequestro, firmato dal capitano dei carabinieri Giorgio Tesser e dal capitano Augusto Ambroso, e datato 20 ottobre, risultano elencate diverse targhe, provenienti da varie parti dell’Italia, ma nessuna palermitana. Nel verbale del 26 ottobre, firmato dal solo capitano Tesser, e composto da otto pagine, compaiono i due spezzoni di targa provenienti da Palermo e “una scatola per cartucce cal. 38 special marca Geco, verosimilmente acquistate in Francia”. Come mai?
Le indagini, mai fatte allora, vengono avviate a distanza di anni e una verifica al Pubblico registro automobilistico rivela che la targa PA 563091 esiste davvero ed è associata a una Renault 14 TS intestata a una donna, tale Rosalia Lombardo, nata a Palermo il 19 maggio 1938 e residente a Palermo in via Ruggero Marturano n. 22. La storia della targa è registrata nel fascicolo delle trascrizioni, dove si apprende che l’anno successivo alle perquisizioni in via Monte Asolone, il 17 giugno 1983, si procede a un rinnovo “per smarrimento”. In quella stessa data si registra una dichiarazione di vendita, rilasciata quattro giorni prima (il 13 giugno 1983), per procura, dall’intermediario Francesco Paolo Vinti a una certa Rosalia Rizzo, nata a Palermo il 20 marzo 1936, e residente in via Chiappara 107, che acquista la vettura per 2 milioni e 800 mila lire. La macchina, insomma, viene venduta il 13 giugno 1983.
Per una curiosa coincidenza, è lo stesso giorno in cui a Roma, l’ufficiale dei carabinieri Mario Mori, addetto all’epoca all’antiterrorismo, dopo aver ricevuto tutto il materiale sequestrato nel covo dei Nar, redige un terzo verbale che raccoglie solo alcuni reperti (dal n. 35 al n. 97, ma con una sequenza irregolare) annotati nel secondo verbale: tra questi, al n. 42, i due spezzoni di targa provenienti da Palermo (PA e PA563091), e al n. 81 la scatola di cartucce calibro .38 special, marca Geco. Gli oggetti elencati da Mori in questo terzo verbale, qualche anno dopo, nel 2004, andranno al macero. Gli altri oggetti (circa un centinaio) sequestrati in via Monte Asolone, invece, sono tuttora custoditi nell’Ufficio corpi di reato di Roma.
Di quelle targhe non si occupa più nessuno fino all’8 settembre 1989, quando D’Ambrosio nella sua relazione, attribuisce alla coincidenza dei numeri, sia pure collocati in una sequenza diversa, una “stupefacente singolarità”. Il 2 novembre 1989 il presidente della terza sezione della Corte d’assise d’appello di Roma, dottor Giulio Franco, invia il reperto n. 42, ovvero le due targhe automobilistiche di Palermo, ai magistrati palermitani Gioacchino Natoli (all’epoca giudice istruttore) e Giusto Sciacchitano (all’epoca sostituto procuratore), titolari delle indagini sul delitto di via Libertà. “La targa PA 563091, lo ricordo perfettamente” dice Natoli, uno dei pochi che la ebbe materialmente a disposizione, “era integra e non ricomposta, e ricordo che ne diedi atto anche a verbale”. Da quel momento i due reperti vengono collocati nell’Ufficio corpi di reato di Palermo, da dove misteriosamente spariscono (…).
Si tratta di elementi che (…) verranno probabilmente approfonditi nel processo a Cavallini per la strage di Bologna (…).
Le domande, a questo punto, sono tante: perché queste anomalie? Chi ha fatto sparire le targhe, e per quale motivo? Salvate a Roma, perdute a Palermo, quelle targhe rappresentano ancora oggi un rompicapo per chi voglia rileggere il delitto Mattarella.