Sono quasi le dieci di sera e Sergio Mattarella appare alla Loggia d’Onore, ringrazia tutti e augura “buon lavoro”. Pochi secondi e va via e accade per la seconda volta nel giro di poche ore che tutti applaudono al Quirinale. Un omaggio riservato poco prima a Carlo Cottarelli, il premier neutrale e congelato martedì sera per far riprendere la trattativa gialloverde tra M5S e Lega.
Applausi. Un altro inedito di questa crisi lunga e passa, costellata di colpi di scena degni di un thriller.
Il trionfalismo non appartiene allo stile del capo dello Stato, galantuomo siciliano incline alla sobrietà. Ma il sorriso esibito nel brevissimo congedo notturno ai giornalisti rivela “la soddisfazione” per la fine di questi tre mesi vissuti tra stallo e montagne russe.
“Soddisfazione”, come trapela dal Colle, per “un governo politico” nonché “governo dei due vincitori”. Ma anche il “governo del 2 giugno” per un “Paese pacificato” dopo gli scontri d’inizio settimana, provocati dallo stop domenicale a Conte a causa del veto su Savona.
Messo sotto tiro da Di Maio con l’improbabile richiesta di impeachment, comunque pesantissima come atto politico, appena 48 ore dopo il presidente della Repubblica ha dimostrato la sua paziente volontà di avere un governo politico con l’incredibile mossa a sorpresa di “fermare” l’incarico a Cottarelli. E dare così altro tempo ai gialloverdi, stavolta ottenendo la sponda grillina per smascherare il gioco leghista, altra svolta decisiva.
Nel bilancio a caldo di questi 88 giorni, dal Quirinale si evidenziano anche “risultati”: 1) le “prerogative costituzionali” del capo dello Stato sono rimaste intatte, grazie allo spostamento di Savona in un altro ministero; 2) le “elezioni sono state evitate” dopo che per ben due volte, il 7 maggio e il 21 maggio, è partita la corsa per votare in piena estate, a fine luglio; 3) nei ministeri più “delicati” sul fronte dell’Ue, l’Economia e gli Esteri, vanno rispettivamente un europeista come Tria e un tecnico già montiano del rango di Moavero Milanesi.
Il nuovo governo giurerà oggi pomeriggio alle sedici, poco prima del tradizionale ricevimento per la festa della Repubblica, ma al Colle – “sistemata” la pratica dell’Economia con la risoluzione del nodo Savona – adesso comincia un’opera di “attenta vigilanza” in un periodo che non si annuncia facile dal punto di vista internazionale.
E i “fari” si accenderanno soprattutto sull’uomo “nero” che ha preteso e ottenuto il Viminale: Matteo Salvini, il grande Baro Pigliatutto di questi 88 giorni. A differenza di Di Maio, che prima della richiesta d’impeachment ha avuto un grande rapporto umano e politico con Mattarella, il leader leghista non ha mai riscosso simpatie al Colle. Del resto, non è un mistero la diffidenza di vari “alleati” di peso del nostro Paese per l’amico di Le Pen, Putin e Orban. Salvini avrà per sé la seconda poltrona più importante del governo Conte: l’Interno. Una macchina complessa ma anche il set ideale per fare “scenografia” contro i migranti.