Altro che re degli outlet. L’ex socio di Tiziano Renzi, Luigi Dagostino, in base a quanto gli viene contestato dalla Procura di Firenze, concorre piuttosto al titolo di re delle false fatturazioni. Una pratica che, secondo gli inquirenti, gli sarebbe talmente congeniale da fargli meritare gli arresti. Misura che il gip Fabio Frangini ha disposto ieri in forma domiciliari, insieme a un provvedimento di sequestro preventivo da quasi 3 milioni di euro, cioè l’importo della presunta evasione. Denaro che, per altro, si aggiunge ai 3,6 milioni di euro del ravvedimento operoso al quale Dagostino ha già aderito con l’Agenzia delle Entrate, relativamente ad altre fatture che gli sono state contestate e che non sono quindi entrate in quest’ultima vicenda.
Sono molto dettagliate le accuse del pubblico ministero fiorentino, Christine von Borries, nei confronti del faccendiere pugliese che ha rivestito un ruolo di primo piano nell’espansione degli outlet “The Mall” del gruppo Kering (Gucci). Diffusione dei centri commerciali in cui ha avuto un ruolo anche il padre dell’ex premier, in veste di consulente a sua volta indagato, insieme alla moglie Laura Bovoli. I coniugi sono indagati per false fatturazioni in un altro filone d’inchiesta. I genitori di Matteo Renzi, va ricordato, dal maggio scorso sono accusati di aver emesso due fatture false per un totale di 160mila euro e sul loro rinvio a giudizio si deciderà il prossimo 4 settembre. In comune con la vicenda che ieri mattina all’alba ha portato Dagostino ai domiciliari, c’è lo stesso faccendiere, una delle società coinvolte e gli outlet. I “The mall” compaiono sia nelle causali delle fattiure contestate alle società dei Renzi, sia, su scala ben più vasta, in quelle che hanno portato agli arresti di Dagostino. Questi ultimi documenti contabili, secondo la procura fiorentina, sono state emesse, non senza macroscopiche incongruenze, da società “cartiere” negli anni compresi tra il 2010 e il 2015, prevalentemente per lavori edili o noleggio di materiali mai avvenuti in cantieri che spaziavano dagli outlet e al nuovo complesso Gucci di Milano, a Forte dei Marmi (Lucca) e persino in Francia, a Collonges.
Con queste fatture le aziende della “galassia” Dagostino sono riuscite di abbattere l’imponibile, tramite quello che gli inquirenti definiscono “un ben oliato meccanismo che ha creato una imponente evasione fiscale”. Complici la ex moglie Maria Emanuela Piccolo e la compagna Ilaria Niccolai per le quali non sono stati concessi gli arresti. Quanto a Dagostino, “il fatto che sia amministratore formale di 13 società e amministratore di fatto di almeno altre quattro (quelle che formalmente risultano guidate da ex moglie e compagna), rende assolutamente immanente il pericolo di reiterazione del reato, in relazione a tutte le società del suo gruppo”. Secondo il suo avvocato, Alessandro Traversi, invece, i timori sarebbero infondati visto che “da lungo tempo, ormai, Dagostino non emette più fatture, di nessun tipo”. Secondo il giudice, però, la posizione dell’ex socio dei coniugi Renzi “è apparsa dominante e assolutamente egemone in relazione a tutte le vicende del presente procedimento, tale da influenzare e determinare anche terzi a commettere ulteriori reati, per venire incontro alle sue necessità economiche e gestorie, per nulla lecite”, si legge nell’ordinanza. Il magistrato parla di “un notevole fermento di attività”: per l’accusa l’indagato “cercava di aggirare il corso delle stesse indagini e di continuare nella gestione non corretta delle società”.