La misura del colpo per i Cinque Stelle lo dà una scena. Lui, l’avvocato Luca Lanzalone, a cena con Davide Casaleggio, il capo operativo del M5S, martedì sera, in un ristorante in corso Vittorio Emanuele a Roma. Un locale a due passi dal Senato e dall’abitazione dove Casaleggio soggiorna spesso quando cala nella Capitale.
È lì dove due sere fa Lanzalone e Casaleggio, assieme ad altri graduati del Movimento, potrebbero aver parlato di nomine nelle partecipate, ossia di poltrone che pesano. Già, perché il legale genovese trattava posti e ruoli con la Lega. E raccoglieva e filtrava dossier. Ma questo è già il passato. Perché Lanzalone, presenza fissa a tutti i convegni del M5S, “potrebbe averci preso tutti in giro” come sibilava ieri un nome di peso. E soprattutto perché la sua caduta, l’essere finito agli arresti domiciliari con l’accusa di aver ottenuto la promessa di consulenze, segna la perdita dell’innocenza per il Movimento. Perché si parla più “solo” di un sindaco che ha ricevuto un avviso di garanzia per nomine o decisioni. Ora sulla graticola c’è un tecnico vicinissimo alla casa madre di Milano, alla Casaleggio. Il legale che ha scritto, raccontano, buona parte del nuovo Statuto, quello varato a dicembre. E che parlava e trattava con il potere, quello vero, per conto dei vertici.
Quindi anche su mandato del figlio di Gianroberto, motore della piattaforma web Rousseau e dell’omonima associazione, che ieri mattina è ripartito da Roma con il fidato Luca Eleuteri. Stupito, dalla vicenda. “Non c’era stato il minimo preavviso, non ci eravamo accorti di nulla” giurano dal M5S. Per poi sussurrare: “Tra Lanzalone e Luigi Di Maio ultimamente i rapporti erano più freddi”. La certezza è che il capo politico è furibondo. Diserta l’assemblea di Confesercenti, per partecipare al giuramento dei sottosegretari a Palazzo Chigi. Poi ostenta severità: “Ho contattato subito i probiviri e ho detto di accertare tutto quello che c’è sulle persone che potrebbero essere coinvolte. Chi sbaglia paga”. Fa la faccia feroce, di fronte a un guaio che può essere uno snodo per il M5S. E fuori taccuino lo ammettono in tanti, nella Montecitorio dove i 5Stelle sciamano con sguardo un po’ disorientato. Nelle chat interne la comunicazione prova a sminuire: “Non è niente di che, dobbiamo ribadire massima fiducia nella magistratura”. Ma più d’uno è “proprio incazzato” come sintetizza un deputato lombardo. “Dobbiamo tornare a fare l’esame del sangue a chi coinvolgiamo nel nostro mondo” invoca un veterano. Ed è il tema: la necessità di selezionare meglio la classe dirigente.
Nell’attesa c’è chi emula Di Maio. “Chi sbaglia deve andare in galera” tuona il senatore Elio Lannutti, amico di vecchissima data di Beppe Grillo. Che in un successivo post difende il fondatore: “Non credo che Lanzalone sia stato messo da Grillo, è una fake news”.
I suoi colleghi soffocano i mal di pancia, ma il clima è quello che è. E c’è anche il deputato pescarese Andrea Colletti, da sempre autonomo, che su Facebook morde il neo sottosegretario Armando Siri: “La nomina di una persona che ha patteggiato una pena per bancarotta va contro i nostri più basilari principi di trasparenza, è una deriva molto pericolosa”. Mentre i parlamentari chiedono notizie sull’inchiesta di Roma. La macchia inattesa.