Il capo operativo, l’erede della casa madre di Milano, parla dopo due giorni di silenzio. E un po’ ammette, un po’ no: “Sì, martedì sera a Roma sono andato a una cena e ho trovato Luca Lanzalone. Era a un altro tavolo e l’ho salutato”. Così Davide Casaleggio risponde alle domande di Repubblica Tv. Descrivendo l’incontro con l’ex presidente di Acea, arrestato poche ore dopo per l’inchiesta sul progetto dello stadio della Roma, come casuale, fortuito. “Quindi non si è parlato di nomine?” gli chiede il giornalista. E lui, definitivo: “Non mi occupo di nomine”. Questa la verità di Casaleggio junior. Poi però c’è la realtà dei fatti. Che racconta come il manager milanese e Lanzalone non possano essersi incontrati per mera fatalità. Perché quella cena di martedì in un elegante ristorante di corso Vittorio Emanuele, a pochi metri dal Senato, era parte di una serata organizzata dall’associazione Gianroberto Casaleggio, presieduta ovviamente dal figlio Davide. Un incontro dal titolo impegnativo: “Innovazione tecnologica e occupazione: quale futuro per il welfare post-ceto medio?”. Con un programma scadenzato: alle 20 la cena, poi alle 21:15 la presentazione dell’associazione da parte di Casaleggio junior, quindi una serie di interventi e perfino la presentazione di un libro. C’erano parlamentari, esponenti della comunicazione a 5stelle, imprenditori. E c’era Lanzalone, non certo lì per caso. Anche lui dovrebbe aver versato come tutti una quota di partecipazione di 70 euro, per finanziare l’associazione. Poi, la mattina dopo, gli è arrivata la notifica dei domiciliari. Ma martedì era nello stesso locale con Casaleggio, Pietro Dettori (uomo macchina della Casaleggio, ora in predicato di andare a Palazzo Chigi con Giuseppe Conte) ed esponenti di peso del Movimento, come il capogruppo in Sicilia Giancarlo Cancelleri. “C’erano circa 60 persone” racconta un testimone. Stipate, pare.
Quindi è arduo pensare che Casaleggio e Lanzalone siano riusciti a parlare eventualmente di nomine, e su questo il figlio di Gianroberto ha ragione. Ne ha molta meno quando sostiene di non avere mai voce sui nomi. Basta citare qualcuno degli assessori calati proprio a Roma, nella giunta di Virginia Raggi: da Adriano Meloni a Massimo Colomban. Tutti vicinissimi ai Casaleggio, e tutti (poi) saltati. La certezza è che martedì sera Lanzalone era tra i commensali. E anche lui ha ascoltato Stefano Patriarca, descritto nel programma come esperto di welfare e consigliere economico di Palazzo Chigi, mentre si esercitava sul tema: “Giovani e previdenza: un destino annunciato?”. E magari avrà preso appunti durante l’intervento di Stefano Ronchi, managing partner della società Valore, sul “welfare 2.0 di casse di previdenza e fondi sanitari”. Ma, tra facce note e non, l’avvocato ligure non ha potuto incrociare il capo politico del M5S, Luigi Di Maio. Da alcune settimane, giurano, allontanatosi da Lanzalone. A quel tavolo, martedì. Quando era ancora presidente di Acea, con la benedizione di tutto il Movimento che conta.