“Quello al chiosco gli aveva dato del negro di m…, aveva urlato che lui era razzista, che era nipote di Mussolini, io lo avevo avvertito di non andarci più”. Urla disperata Olivia, la moglie di Assane Diallo, il senegalese di 54 anni ucciso sabato alle 22,54 in via delle Querce nel quartiere Lavagna di Corsico nel Milanese. La donna, madre di una figlia di 11 anni, racconta che il venerdì il marito avrebbe avuto una discussione con un “italiano tutto tatuato”. Che i due sarebbero arrivati anche alle mani. “Io volevo andarmene da questo paese razzista e ora me lo hanno ammazzato”. E così si arriva a sabato sera, con Assane che passa la serata al bar Erica in via Curiel. Poi esce, si avvia nel parchetto dietro al locale. E qui viene colpito. Chi spara scarica un intero caricatore di una semiautomatica 9 per 21. Dodici colpi, dieci a segno, sette sparati in testa e da distanza ravvicinata, quando l’uomo era già steso a terra senza vita.
Un’esecuzione, senza dubbio. Dalle modalità, forse un po’ troppo impetuose per incasellarle in un regolamento di conti tra gente di malavita. Diallo, con precedenti che risalgono a venti anni fa per spendita di denaro falso, in questo periodo non lavorava. Frequentava il chiosco e il bar. Viene descritto come una persona che si faceva rispettare. Venerdì durante il litigio, dicono i testimoni, avrebbe urlato. L’altro per tutta risposta avrebbe detto: “Vuoi vedere che ti sparo per prima io”.
In passato il senegalese ha lavorato nel mondo dei locali notturni come buttafuori. Il bar Erica lo frequentava ogni sera. Sempre elegante, giacca, camicia bianca, pantaloni scuri. “Non doveva andarci”, dirà la moglie. Lei sostiene il movente razzista. Non la pensano così i carabinieri di Corsico diretti dal comandante Pasquale Puca, anche se le frasi razziste e su Mussolini ieri sono state confermate dagli stessi avventori del chiosco. Allo stato la pista maggiormente battuta è quella del mondo della droga e della malavita in generale.
Chi ha sparato, secondo gli inquirenti, non è chi ha litigato venerdì sera. L’assassino, che sarebbe già stato identificato, ma che allo stato non si trova ancora, viene detto dagli inquirenti, è un pregiudicato che si è fatto qualche anno di galera. Tornato sul territorio e rientrato nel giro ha preteso un “rispetto” che, evidentemente il senegalese non ha ricambiato. Nonostante il milieu sia quello dello spaccio al dettaglio e non certo quello della malavita organizzata, la vittima non ha alcun precedente specifico. Solo voci di quartiere che lasciano il tempo che trovano in un’inchiesta difficile perché svolta in un ambiente omertoso. Non vi sono testimoni. Nessuno parla. Solo ieri mattina, davanti ai palazzi popolari di via delle Querce qualcuno si è lasciato andare.
“Ma quale razzismo – spiega un ragazzo – , quello si era messo in un brutto giro. Alla fine se l’è cercata”. Diallo con la moglie e la figlia abitava al quartiere Tessera di Cesano Boscone altro comune dormitorio che confina con Corsico. “Negli ultimi tempi – racconta un’anziana residente – sono tantissimi gli stranieri che si sono trasferiti qua, spesso litigano tra loro, gli italiani sono stufi, a volte intolleranti”. Questo però, secondo i carabinieri, non è un motivo per spiegare l’omicidio. Nel frattempo, ieri, i militari hanno eseguito diverse perquisizioni e ascoltato alcune persone in caserma. È stata trovata anche una pistola semiautomatica in un locale non distante dal luogo dell’omicidio. Secondo i primi rilievi potrebbe essere collegata all’esecuzione di sabato sera. Sempre in questa zona, il 30 maggio scorso, è stato ferito gravemente con una coltellata al collo e al braccio Carlo Bonanno, figlio di Luigi, uomo legato a Cosa nostra, storicamente radicato a Cesano Boscone, legato anche ai potenti clan della ‘ndrangheta lombarda e ai loro narcos.