La libertà di internet non è sotto attacco solo a Bruxelles. Nuvole nere si allungano sulla Rete anche in Italia dove, come ha raccontato Business Insider, il garante per le comunicazioni sotto la spinta dei lobbisti di Mediaset e Rai ha aperto un’istruttoria su Audiweb 2.0, il nuovo sistema di rilevazione grazie al quale viene finalmente misurato il numero esatto di utenti dei singoli siti web. Così mentre la Commissione europea tenta di far approvare norme sui diritti d’autore che, se non modificate, finiranno per dare ai gestori delle piattaforme social un enorme potere-dovere di censura preventiva sui contenuti da pubblicare, da noi le tv vanno alla guerra contro i giornali online. A spingerle alla battaglia sono i dati sul numero reale di persone che usano ogni giorno la rete per informarsi.
Non appena i nuovi sistemi di rilevazione sono entrati in funzione è stato dimostrato che anche nel nostro Paese i siti internet sono ormai competitivi rispetto alle reti televisive. A inizio giugno, per esempio, repubblica.it ha registrato una media di 3.068.184 utenti unici al giorno, il corriere.it 2.359.683 e ilfattoquotidiano.it 1.694.330. Numeri da programma di prima serata che nel medio periodo finiranno per far perdere alle emittenti quote importanti del mercato pubblicitario. Per capire le cifre in gioco basta guardare cosa è accaduto lo scorso anno quando le tv hanno incassato 3,7 miliardi di euro, mentre gli editori online si sono dovuti accontentare di soli 456 milioni, che salgono a 2,4 miliardi se si considerano anche i motori di ricerca e i social (controllati però da multinazionali).
Nel resto di Europa, dove internet viene da tempo correttamente “pesato”, le proporzioni sono invece inverse. Si investe più sul web e meno sulle tv (nelle cinque nazioni più grandi 27 miliardi contro 20). Ovviamente se pure in Italia le risorse pubblicitarie destinate all’online aumentassero, aumenterebbe anche il pluralismo dell’informazione. Perché fare oggi l’editore sul web è un mestiere che rende molto poco in proporzione agli investimenti richiesti. Anzi, per dirla tutta, è un’attività che spesso va in perdita. Un problema che non hanno le vecchie tv nostrane avvantaggiate dalle leggi e dai canali prefissati sui telecomandi (le reti che stanno ai primi posti vengono viste di più). Ecco perché quella che si sta combattendo all’Agcom è una battaglia di libertà che riguarda tutti i cittadini. Formalmente l’autorità per le comunicazioni vuole capire se conteggiando il numero di visitatori venga violata la loro privacy e se non vengano utilizzati illegittimamente i cosiddetti big data. Inoltre l’Agcom vuole verificare se ci si trovi di fronte a clic fasulli generati da robot. Una questione di fatto inesistente visto che i robot sono facilmente individuabili e che i primi a controllare la veridicità del traffico sono proprio gli inserzionisti.
La responsabile del procedimento è Benedetta Liberatore della Direzione contenuti audiovisivi, descritta come particolarmente legata al consigliere Agcom in quota Forza Italia, Antonio Martusciello, ex parlamentare, ex sottosegretario e soprattutto ex dirigente di Publitalia, la concessionaria di pubblicità del Biscione. Da tempo le tv auspicano, nemmeno troppo velatamente, che la misura del traffico internet passi in capo ad Auditel: la società che da anni quantifica tra polemiche e interrogativi quello televisivo. E oggi sperano che l’indagine Agcom diventi il grimaldello per arrivare all’agognata e totalmente illiberale meta.