Dopo due settimane in cella, Luca Parnasi decide di parlare con i magistrati che hanno chiesto e ottenuto il suo arresto, Paolo Ielo e Barbara Zuin. Durante un interrogatorio durato oltre cinque ore, l’imprenditore romano si difende dall’accusa di essere a “capo” di un’organizzazione a delinquere finalizzata a commettere reati contro la Pubblica amministrazione, come le corruzioni contestate, e parla dei suoi rapporti con alcuni personaggi finiti nell’inchiesta sullo stadio dell’As Roma.
L’interrogatorio riprenderà stamattina: l’imprenditore ha iniziato a collaborare con i pm, ma ci sono ancora molti aspetti da chiarire nei dettagli. Come i suoi rapporti con Luca Lanzalone, l’avvocato genovese finito ai domiciliari con l’accusa di aver messo a disposizione la propria funzione – i pm lo considerano consulente di fatto del Campidoglio per le questioni dello stadio –, in cambio di promesse di consulenze da parte dell’imprenditore al proprio studio legale.
Per i magistrati, l’interrogatorio di Parnasi, difeso dagli avvocati Emilio Ricci e Giorgio Tamburrini, è fondamentale proprio per chiudere la partita su Lanzalone, considerato dai pm un pubblico ufficiale e per questo accusato di corruzione. Insomma gli investigatori devono capire se l’imprenditore prometteva consulenze all’avvocato in quanto “gancio” con il Campidoglio per le questioni dello Stadio.
A supporto della tesi della Procura per ora ci sono le dichiarazioni di Luca Caporilli, consulente di Euronova, il quale durante un interrogatorio del 19 giugno ha spiegato che Lanzalone era “il referente del Comune per l’affare Stadio e lo è stato sin dall’inizio del 2017, fino al giorno del nostro arresto” (poi Caporilli è stato scarcerato). Stessa percezione che aveva Mauro Baldissoni, direttore generale dell’As Roma.
Sentito come persona informata sui fatti, ai pm che gli chiedevano fino a quando Lanzalone è stato di fatto “l’uomo dello stadio” per il Comune, Baldissoni ha risposto: “Praticamente fino al momento in cui è stato arrestato”. Anche se poi ha aggiunto: “Il suo ruolo è diminuito d’intensità nel tempo (…) è grandemente scemato a seguito della chiusura della conferenza dei servizi, ma era lui il nostro interlocutore ed era a lui che ci rivolgevamo”.
Da parte sua l’avvocato genovese ha respinto le accuse: durante l’interrogatorio ha spiegato che mai ha influito sulle scelte del Comune e che si era interessato alle questioni dello stadio al massimo fino a marzo 2017; dopo, se pure ne parla durante le intercettazioni, è solo per curiosità e perché si trattava di una vicenda da lui “partorita all’inizio”. Insomma, spiega l’avvocato, non aveva alcun ruolo al Campidoglio quando con Parnasi parlava di consulenze. E seppure intratteneva rapporti con esponenti del Comune, come alcuni assessori, era per il suo ruolo di presidente di Acea.
Durante l’interrogatorio di ieri, Parnasi ha chiarito anche una serie di contributi alla politica di cui parla in alcune intercettazioni. E i pm potrebbero aver fatto domande pure sui 250 mila euro dati nel 2015 alla onlus “Più voci”, di area leghista. Parlando di questa erogazione, con un collaboratore, l’imprenditore romano il 26 marzo “precisa” “di creare una giustificazione contabile retrodatata in virtù della quale sia possibile sostenere che l’erogazione sia avvenuta in favore di Radio Padania”.
Le donazioni, secondo i primi accertamenti, non sono state retrodatate e per ora i pm ritengono che si tratti di finanziamenti leciti. Ma la Procura farà approfondimenti. I magistrati potrebbero aver chiesto a Parnasi chiarimenti anche sui 150 mila euro (Iva compresa), che la società dell’imprenditore ha pagato – a cavallo delle elezioni – alla fondazione Eyu, legata al Pd, per uno studio sul rapporto tra gli italiani e la proprietà immobiliare. Anche in questo caso si ritiene che il pagamento lecito, ma la Procura farà indagini.