Qualche anno fa Mario Draghi parlò del “pilota automatico” delle riforme che avrebbe guidato i governi europei (e quello italiano in particolare): si riferiva alla gabbia messa attorno ai bilanci pubblici dal combinato disposto di Fiscal compact e pressione dei mercati, il tutto – aggiungiamo noi – sostenuto da vecchie burocrazie e poteri economici in grado di orientare la stampa e “catturare” eventuali reprobi nel Palazzo.
Ecco, il pilota automatico è il principale ostacolo del governo gialloverde quando tenta di cambiare strada rispetto alle politiche adottate negli ultimi 7 anni. Ieri il bollettino economico della Bce, ad esempio, sembrava un avviso ai naviganti: “In alcuni Paesi (Spagna e Italia, ndr) sembra esserci un elevato rischio che le riforme delle pensioni adottate in precedenza siano cancellate”; “la discrezionalità adottata nell’accordare una riduzione dei requisiti di aggiustamento a due Paesi nel 2018”, cioè la flessibilità sul deficit concessa a Italia e Slovenia, è “possibile a scapito della trasparenza, coerenza e prevedibilità” del Patto di Stabilità; pure sul debito le concessioni fatte a Italia e Belgio comportano “il rischio che l’elevato ammontare non venga ridotto in tempi sufficientemente rapidi”.
In sostanza, un invito al governo Conte ad essere il governo Gentiloni (o simili) e a Bruxelles a non concedere deroghe sulla strada dell’austerità. Lo stesso che arriva, via Repubblica, dal direttore generale degli Affari economici della Commissione, Marco Buti: occhio al rialzo degli interessi sul debito (lo spread) e a piani di spesa che aprirebbero “un percorso conflittuale con Bruxelles dagli esiti imprevedibili”; bisogna ridurre il debito e raddoppiare l’avanzo primario dal 2 al 4% (austerità alla greca). Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, ci informa lo stesso articolo, ha già chiesto pietà e uno sconto a Bruxelles su mandato del premier Giuseppe Conte, nelle parti – mutatis mutandis – di Pier Carlo Padoan e Matteo Renzi dei bei tempi andati.
Nell’attesa di sapere in quale squadra gioca il ministro Tria, se cioè sia già stato arruolato tra i tecnici che manutengono il “pilota automatico”, la tecnostruttura del Tesoro fa quel che può per garantire la continuità delle politiche di deflazione interna volute da Bruxelles.
La Ragioneria generale dello Stato, vero santuario dell’austerità in salsa italiana, ha ad esempio perplessità sul cosiddetto “Decreto dignità” firmato da Luigi Di Maio: in sostanza non sono chiare le coperture con cui il ministro grillino intende pagare il divieto di pubblicità per il gioco d’azzardo (ammanco stimato in 200 milioni) e la rimodulazione del cosiddetto split payment sull’Iva a partire dai liberi professionisti (in totale è a bilancio nel 2018 per 1,8 miliardi di euro, così varrebbe solo 60 milioni).
Confindustria, invece, è impaurita dalle norme che eliminerebbero la liberalizzazione selvaggia dei contratti a termine e “in somministrazione” (cresciuti esponenzialmente in questi anni): La Stampa ventila un asse Tria-Lega contro le nuove norme sul lavoro, ma il compromesso sul punto è stato trovato giorni fa. Il decreto dovrebbe vedere la luce la prossima settimana.