Dopo oltre due anni di discussioni difficili, controversie e pressioni, l’Ue a 28 ha unanimemente adottato la posizione della Polonia e del gruppo di Visegrad: no ai ricollocamenti forzati e riforma del Protocollo di Dublino solo all’unanimità. Il premier polacco Mateusz Morawiecki, su Twitter. “L’Ue e la Slovacchia possono essere soddisfatte dell’accordo sui migranti centrato sulla protezione delle frontiere esterne, il rafforzamento di Frontex e il Fondo fiduciario per l’Africa”: il premier slovacco Peter Pellegrini. “Grande vittoria dei quattro Paesi Visegrad: assieme siamo riusciti a evitare la ridistribuzione obbligatoria dei migranti. L’Ungheria non diverrà un Paese di migranti”: il ministro per le Politiche europee ungherese Szabolcs Takacs, su Twitter.
Se qualcuno avesse ancora dubbi sulla valenza dell’intesa sui migranti scaturita dal Vertice europeo, la carrellata di reazioni dei Paesi di Visegrad li spazza via: l’intesa non migliora nulla in termini d’accoglienza e redistribuzione e rende una chimera la riforma del protocollo di Dublino. È il trionfo della volontarietà: ciascuno fa, o non fa, quel che vuole.
Il documento adottato dai leader dei 28, dopo un negoziato maratona di 13 ore, che ha rievocato altri tempi dell’integrazione comunitaria, quando fare l’alba era la norma, s’articola in 12 punti e riprende passaggi e principi del ‘decalogo’ italiano, presentato domenica scorsa, al pre-Vertice. C’è l’idea che la questione migranti è “una sfida non solo per il singolo Stato, ma per tutta l’Europa” e che il “buon funzionamento dell’Ue presuppone un approccio globale che combini un controllo più efficace delle frontiere esterne, il rafforzamento dell’azione esterna e la dimensione interna”.
Ma d’operativo e concreto c’è poco. Ecco alcuni elementi chiave. Il Mediterraneo è la rotta che interessa l’Italia: devono essere intensificati gli sforzi per porre fine alle attività dei trafficanti dalla Libia o da altri Paesi. L’Ue “resterà al fianco dell’Italia e degli altri Stati in prima linea”, cioè Grecia, Malta, Spagna. È pure previsto maggiore sostegno per la regione del Sahel, la guardia costiera libica, le comunità costiere e meridionali. Hotspot: tutti li vogliono fuori dall’Ue, ma bisogna convincere i Paesi terzi; e nessuno se li vuole accollare, anche se l’Ue provvederà a coprire le spese. Nel territorio dell’Ue, coloro che vengono salvati dovrebbero essere portati in centri di sorveglianza creati negli Stati membri su base volontaria. L’obiettivo è distinguere i migranti irregolari, che saranno rimpatriati, da quanti hanno diritto all’asilo. Le misure nell’ambito di questi centri, ricollocazione e reinsediamento compresi, saranno attuate “su base volontaria”.
I movimenti secondari sono quelli che interessano alla Germania. Questi movimenti nell’Ue rischiano di compromettere l’integrità del sistema europeo comune di asilo e di Schengen. Gli Stati devono adottare tutte le misure legislative e amministrative interne necessarie per contrastarli (quindi, anche respingere al confine migranti provenienti da altro Paese Ue la cui posizione non è stata vagliata). Sistema d’asilo: ci vuole un consenso sulla riforma del regolamento, che attualmente prevede che il Paese d’ingresso vagli la posizione del richiedente asilo, sulla base d’un equilibrio tra responsabilità e solidarietà. Per quanto riguarda le frontiere esterne gli Stati devono assicurare un controllo efficace e intensificare il rimpatrio dei migranti irregolari. Il ruolo di Frontex va potenziato.
Infine il partenariato con l’Africa: 500 milioni di euro sono trasferiti dal Fondo europeo di sviluppo al Fondo fiduciario per l’Africa. Vale, invece, 3 miliardi di euro la seconda tranche dell’accordo con la Turchia per tenere chiusa l’Autostrada dei Balcani.