Le indagini politiche, i processi politici e le sentenze politiche non esistono, dunque la Lega di Salvini ha torto marcio quando le evoca sull’ordinanza della Cassazione che ha disposto la confisca di tutti i soldi presenti e futuri in tutti i conti riferibili al Carroccio, fino a recuperare i 49,9 milioni di euro rubati o truffati dai vertici passati del partito. Esistono invece indagini, processi e sentenze “sui” politici che commettono reati. E queste hanno conseguenze politiche. Ma paradossalmente le conseguenze politiche di questo scandalo hanno portato bene a Salvini che, senza quel terremoto giudiziario, oggi non sarebbe segretario della Lega, vicepremier e ministro dell’Interno. Dopo le condanne di primo grado nei due processi per truffa allo Stato e appropriazione indebita (Bossi s’è buscato 2 anni e 3 mesi a Milano e altri 2 anni e mezzo a Genova; Belsito 2 anni e 6 mesi a Milano e 4 anni e 10 mesi a Genova), la confisca della refurtiva era inevitabile. Il governo giallo-verde nato un mese fa e il successo elettorale di Salvini il 4 marzo non c’entrano nulla: tutto è partito molti mesi prima. I pm liguri, dopo la sentenza del Tribunale, avevano chiesto di poter svuotare tutti i conti legati alla Lega. Il Riesame aveva dato loro torto. Ma l’altro giorno la Cassazione ha ribaltato quel verdetto dando loro ragione.
Ora, alla luce di quel provvedimento, dovrà ripronunciarsi il Riesame e, siccome i legali leghisti lo impugneranno, ancora una volta la Cassazione. Che però non potrà certo contraddirsi. Dunque il destino delle casse ufficiali e ufficiose della Lega appare segnato: tutte le donazioni dei simpatizzanti fino a 49 milioni andranno al Parlamento, che si è costituito parte civile come vittima del mega-raggiro (cosa che invece non ha fatto la Lega salviniana, con un gesto che voleva essere astuto e invece rischia di rivelarsi un boomerang, perché non avrà diritto a risarcimenti dei danni). E a nulla dovrebbe valere la furbata con cui Salvini&C. hanno cambiato nome, colori e statuto al partito: non più “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”, ma “Lega per Salvini premier”. Per i giudici, c’è continuità fra il primo e il secondo partito. Che dunque è destinato a restare al verde (anche se ora batte bandiera blu) per molti anni. È un problema di democrazia, come strilla Salvini chiedendo un incontro con Mattarella? Sì: gli altri partiti potranno incassare donazioni da privati (i contributi pubblici diretti sono stati aboliti nel 2013, mentre le agevolazioni statali indirette andranno a beneficio di tutti i partiti), mentre la Lega se li vedrà subito confiscare.
Ma, come ricorda il ministro della Giustizia alleato Alfonso Bonafede, le sentenze (specie quelle della Cassazione) si rispettano. E appellarsi al capo dello Stato o al Csm da lui presieduto, come se potessero ribaltare un verdetto (e della Suprema Corte), è roba da analfabeti. O da berlusconiani. O da renziani. In uno Stato di diritto, chi fa le leggi dev’essere il primo a rispettarle. E le sentenze sgradite si appellano. Fra l’altro, quel che sta accadendo alla Lega è già capitato in Germania al partito neonazista Npd, che una decina di anni fa praticamente fallì per una decisione non dei giudici, ma del Bundestag (la Camera bassa), che gli sospese i finanziamenti pubblici (300 mila euro) e gli affibbiò una supermulta di 2,5 milioni (nel 2006 gliene aveva appioppata un’altra da 1,7 milioni) per le gravi irregolarità contabili che avevano pure portato in carcere l’amministratore. Fu così che un partito scomparve dalla scena politica, per le ripercussioni politiche di un processo penale. E nessuno vi trovò nulla di scandaloso: nelle democrazie i finanziamenti pubblici ai partiti, almeno là dove esistono, sono regolati da norme precise contro ogni abuso. E se poi si scopre un abuso, il partito che l’ha commesso ne paga le conseguenze. Il che non vuol dire che debba per forza sparire come i nazi tedeschi.
La Lega ha avuto alle ultime elezioni 5,7 milioni di voti e, stando ai sondaggi, oggi potrebbe financo superare i 10. Quella di una colletta fra gli elettori, o almeno fra i militanti, potrebbe essere una strada. Ma la mazzata della Cassazione potrebbe essere anche l’occasione per fare di necessità virtù e strutturarsi in maniera più snella ed economica sul territorio, dimostrando che anche il partito più antico su piazza (fondato nel lontano 1989) può fare attività politica con pochi soldi. I 5Stelle lo fanno da quando sono nati, non avendo mai ritirato i famosi 49 milioni di finanziamenti pubblici che spettavano loro dopo il voto del 2013 e (salvo una decina di eccezioni scoperte in campagna elettorale) destinando parte degli stipendi dei loro parlamentari e i rimborsi non rendicontati a un fondo per il microcredito alle piccole imprese. Prima però Salvini dovrebbe chiarire nel dettaglio provenienza e destinazione dei fondi raccolti nei quattro anni della sua segreteria e sulla galassia di società (c’è pure una onlus, finanziata da Parnasi e da chissà chi altri) che orbitano attorno alla Lega. E presentare subito con i 5Stelle una legge che renda trasparenti e tracciabili i finanziamenti a partiti e sigle collegate.
Ps. È confortante l’intervento del Csm in difesa dei giudici attaccati da Salvini&C. Ma sarebbe stato molto più credibile ed efficace se negli ultimi anni il Csm avesse difeso anche le toghe attaccate da Napolitano, Renzi & C.. Invece le ha regolarmente processate e/o punite. Autorizzando il sospetto che, per prendersela impunemente con i magistrati, sia richiesta la tessera del Pd. E portando acqua al mulino del chiagni&fotti di B. e Salvini. Complimenti vivissimi.