“A 80 anni di distanza dalla infamia delle leggi razziali, la dignità umana è ancora in pericolo. Si assiste a un crescente manifestarsi di atti di intolleranza razziale, odio e pericolosa radicalizzazione. Non pensavamo di veder nuovamente leggi e decreti democraticamente approvati, ma che violano fondamentali principi. Questi atti di intolleranza sono purtroppo alimentati e legittimati anche da esponenti delle istituzioni”. Sono parole di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche italiane, pubblicate dal giornale Pagine Ebraiche (13 luglio).
Nel governo del cambiamento le nuove leggi razziali sono nell’aria, ispirano frasi come “difesa della razza bianca” (detta in campagna elettorale), stimolano l’antica ostilità verso i rom, inducono a vedere ogni singolo nero come “l’invasione” e certe mamme a ritirare i figli dalle scuole multietniche. Ma la difficoltà è che l’Italia ha già fatto la brutta esperienza di approvare, di imporre e di osservare leggi razziali che hanno marchiato la nostra storia. Sono le leggi razziali contro gli ebrei, una stagione tragica e non dimenticabile, nella quale una rigorosa propaganda e una paurosa ubbidienza hanno portato a riconoscere all’improvviso differenze che non esistevano e non c’erano mai state, e a operare o accettare respingimenti ed espulsioni (e poi arresti e deportazioni) che un minuto prima sarebbero sembrate impossibili.
In Italia il razzismo che torna pone adesso bianchi contro neri, cittadini contro stranieri, paura, attentamente coltivata, che crede nei confini chiusi. Come insegnano le tragiche vicende che l’Italia ha già vissuto, il razzismo è come il gas misterioso usato in questi giorni in Inghilterra da certi agenti segreti per eliminare avversari altrettanto misteriosi. Basta un soffio d’aria contaminata per morire. Più grave se quel gas è manovrato dalle istituzioni. Il razzismo italiano costringe gli italiani a respirare a pieni polmoni storie non vere sulle frontiere, sugli stranieri, sul salvataggio in mare, prima descritto come un “business” e poi, in mancanza di prove, vietato anche se costa la vita ai migranti, e non importa se sono bambini.
Provo a ricordare i tre punti su cui si basa la “difesa della razza” nell’Italia dei nostri giorni. Comincio con la parola d’ordine “prima gli italiani”, che è un grimaldello potente per far saltare un minimo di legame tra residente e straniero. Sappiamo tutti che non è una trovata italiana. Sappiamo anche che è barbara perché esime da ogni senso di fratellanza e di solidarietà. È un proclama di egoismo assoluto che considera colpa (o reato, diranno le leggi razziali in arrivo) dare una mano, anche in situazione di estrema emergenza, a chi non sia italiano. È anche un diffusore di falsa euforia. Induce a credere che ci siano tante cose che ci vengono negate perché se le godono gli stranieri. Ma se calpestiamo gli stranieri, e neghiamo i loro diritti, tutto finalmente tornerà a noi. Naturalmente non c’era nulla e non torna nulla. Ma avremo collaborato a spingere indietro e umiliare e mettere sotto il nemico. Un secondo modo per avviarsi verso la completa estirpazione di sentimenti umani è di lanciare il famoso grido di disprezzo verso i non razzisti: “Allora prendete i profughi in casa vostra”.
La frase non nasce da un rigurgito di rabbia in strada, ma da un partito diventato governo e potente istituzione. Ridicolizza il difensore dei migranti e finge di credere che difendere chi muore è il passatempo dei ricchi e il business di grandi speculatori. È una trovata che punta a scansare l’accusa di irresponsabilità e a far apparire fatui e boriosi coloro che scendono in campo nel tentativo di difendere. Il loro numero diminuisce costantemente.
Ma il più potente gesto di discriminazione resta la pretesa distinzione fra chi fugge da una guerra e chi viene in cerca della bella vita. Le poche volte che qualcuno parla con finta serietà di questa inesistente e impossibile distinzione (“chi fugge da una guerra verrà sempre accolto”) sembra non sapere nulla dell’Africa e di tutte le sue guerre, e finge di ignorare del tutto l’afflusso di profughi da Medio Oriente e Oriente, compresi i luoghi in cui, pur non essendoci alcuna guerra, esplode una autobomba al giorno. Che la povertà e il terrore di restare a vivere in certi luoghi diventino un unico sentimento (disperazione) viene ignorato fornendo statistiche false. Ma tutto è falso sui migranti (tranne il numero dei morti in mare). Il falso sarà ratificato dalle nuove leggi razziali. C’è, fra noi, chi ha imparato tanto tempo fa che senza menzogna, le leggi razziali non possono esistere.