I migranti sbarcati a Pozzallo raccontano di aver perso in mare quattro compagni di viaggio: si sono lanciati dall’imbarcazione partita dalla Libia, stanchi e stremati, quando hanno intravisto dei pescherecci all’orizzonte. Cercavano aiuto. Sono morti annegati. E la Squadra mobile, che ha già denunciato 7 presunti scafisti, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina potrebbe aggiungere quello della morte cagionata da altro delitto. Non è stato uno sbarco come i precedenti: la realpolitik ha preteso, in nome del principio “non nel mio porto” (potremmo chiamarlo Nimp) , di cambiare lo scenario dell’immigrazione irregolare nell’Unione europea. Si sono mosse le cancellerie di tutta Europa. E se le guerre lasciano i morti sul campo – o in mare, poco importa –, qui abbiamo quattro vittime di questa guerra diplomatica. Cadute nelle acque dove Malta aveva competenza per il soccorso. Certo, i quattro si sono lanciati in acqua volontariamente, ma se l’episodio può considerarsi reato per gli scafisti, sarà lecito cercare anche una responsabilità politica: si sono tuffati in mare per salvarsi, non per suicidarsi. E nessuna nave maltese era nei paraggi per i soccorsi.
Il fatto – denuncia Flavio di Giacomo dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni – avviene la mattina del 13 luglio. L’orario consente di sapere in quali acque si trovassero. L’imbarcazione, entrata nella zona Sar italiana intorno alle 18.30 del 13 luglio, è stata individuata nella zona Sar maltese fin dalle 4.25 del mattino. Due ore dopo Malta assume il coordinamento dei soccorsi. Ma nessuna nave affiancherà mai il barcone. Mai. È in queste ore i quattro somali – secondo il racconto dei migranti – si lanciano in mare. Ore in cui Malta coordina il soccorso e – sostenendo che il barcone intende raggiungere Lampedusa e non ha problemi di navigazione – non gli affianca alcun mezzo. La nave intorno alle 18.30 entra nell’area di competenza italiana. I soccorsi, come rivelato dal Fatto tre giorni fa, giungono più tardi perché la Guardia Costiera traccheggia, per non incorrere nelle accuse di eccessivo interventismo già mossegli nei giorni precedenti dal vice premier Matteo Salvini, e il cerino acceso resta alla Guardia di Finanza che intercetta il barcone a sole 5 miglia da Linosa e ben due ore dopo l’ingresso nell’area italiana. Il fatto che i quattro siano morti la mattina e non dopo le 18.30 incardina l’episodio nelle acque maltesi. Ma l’assenza di soccorso si protrae anche nelle acque italiane. Poi i migranti restano in mare per circa 48 ore finché non si compie l’accordo per la distribuzione ai Paesi volontari dell’Ue e infine possono sbarcare. Il numero esatto dei minori non accompagnati rimasti ostaggio delle trattative: ben 128. Le ragioni di Stato e il successo diplomatico sono evidenti. Ma anche questi 4 cadaveri, che durante la battaglia tra Malta, l’Italia e il resto d’Europa, sono annegati senza soccorsi.