La prima notizia è che Giuseppe Conte esiste: l’abbiamo incontrato ieri a Palazzo Chigi per due ore. La seconda è che parla.
Presidente, perché esterna così poco?
Penso che gli italiani siano più interessati alle iniziative del governo che alle parole dei governanti.
I suoi vicepremier, soprattutto Salvini ma pure Di Maio, non la pensano così.
Dopo 50 giorni da premier mi accorgo che il silenzio operoso non è apprezzato da tutti come una virtù. Quindi parlerò un po’di più, ma solo quando avrò qualcosa da dire di concreto su quello che sto facendo. Non può essere che io lavori dalle 8.30 alle 23, a volte anche fino a notte fonda, e poi scopra da qualche giornale che sarei “scomparso”.
Non le viene mai voglia di frenare, o correggere, o stoppare qualche suo ministro incontinente?
Nella dialettica fisiologica, ogni tanto c’è qualche dichiarazione non appropriata. Ma preferisco risolvere la cosa a tu per tu: il premier sono io e l’indirizzo politico al governo devo darlo io.
Le pare normale che, per sbloccare l’emergenza della nave Diciotti che Salvini non voleva far sbarcare, abbia dovuto intervenire Mattarella per dirle di fargli cambiare idea?
Le cose non sono andate così. Ero al vertice Nato e lì ho scoperto che i cellulari erano schermati, noi premier eravamo tutti isolati. All’uscita, incontrando i giornalisti, ho chiesto se c’erano novità perché ne sapevano più di me. Ho saputo dell’emergenza, dopodiché ho fatto le mie telefonate e fra queste ho ricevuto quella del capo dello Stato. Che non mi ha affatto detto quel che devo fare, non è nel suo stile: abbiamo convenuto sulla soluzione più giusta, su cui mi ero già attivato.
Non è debole un premier scelto dai suoi due vice?
Ma nessun premier si sceglie da solo, tutti i premier sono scelti da altri. Avere al mio fianco i due leader dei partiti di maggioranza è persino un vantaggio, perché mi evita le liturgie dei vertici di coalizione e rende più diretto il confronto e più spedito il percorso del governo.
Quante volte al giorno sente Di Maio e Salvini?
A volte mai, a volte li vedo o li sento anche due o tre volte. Dipende dai temi di cui si occupano nei rispettivi dicasteri e dalla loro urgenza.
Grillo l’ha mai incontrato?
Una volta, in campagna elettorale, dopo la presentazione della squadra degli aspiranti ministri 5Stelle. Mi ha detto: ‘Ah, tu fra tutti sei quello normale…’. Forse perché appaio un po’ paludato, sempre in giacca e cravatta.
Ha detto, nell’unica intervista tv, che il suo cuore batteva a sinistra. Per chi votava?
Votai l’Ulivo di Prodi, una volta credo i centristi (mai FI né An). E il Pd fino al 2013. Ma poi, deluso, mi sono ravveduto. Nel 2018 ho votato M5S.
Cosa l’ha delusa del Pd?
Già l’Italicum non mi piaceva, ma la goccia che fece traboccare il vaso fu la riforma costituzionale. Al referendum votai convintamente No.
Chi è il suo modello di premier?
Aldo Moro.
E fra i viventi?
Senza offesa per nessuno, sempre Moro.
Come ha conosciuto Maria Elena Boschi?
All’università. Insegnavo Diritto civile alla scuola specialistica di Firenze per le professioni legali, fu formata la commissione esaminatrice e lei ne faceva parte: mi aiutò a correggere i compiti.
Mai stato iscritto a partiti?
Mai avuto tessere. Agli scout, scappai un attimo prima di prendere quella dell’Agesci.
Scout cattolici: è credente?
Sì.
È vero che è vicino all’Opus Dei?
No, mi avevano proposto di entrarci, ma ho rifiutato.
La massoneria è di casa negli atenei: mai avuto a che fare?
Mai. Se qualche massone ha provato ad avvicinarmi, non l’ho capito o non me ne sono accorto.
Lo scandalo dei baroni e dei concorsi truccati ha squadernato un sistema orrendo. Che si può fare per riportare merito e trasparenza?
Ogni riforma ha fallito, compresa la Gelmini che infilò nelle commissioni lo ‘straniero’, una specie di marziano di Flaiano, che poi marziano non era perché tutti conoscono tutti. Perciò può non servire neppure il sorteggio dei commissari. Una soluzione potrebbe un ferreo codice di autodisciplina in cui tutti si impegnino a rispettare i principi dell’art. 54 della Costituzione: disciplina e onore.
Parliamo di immigrazione. Chi ha ragione fra la Ong Open Arms che accusa la Libia e l’Italia per gli ultimi due morti in mare e Salvini che parla di fake news?
Non abbiamo ancora informazioni risolutive, ma è inaccettabile che un’Ong – ammesso e non concesso che sia mancato il pronto intervento della Guardia costiera libica – incolpi il governo italiano.
Lei rivendica il successo della suddivisione “volontaria” per quote fra 5 Paesi Ue più l’Italia dei migranti dell’ultimo sbarco. Ma come può pensare che la soluzione, a ogni barcone in arrivo, sia attaccarsi al telefono e chiedere aiuto ai 26 partner europei?
Le do una notizia: ieri sera (martedì, ndr) ho scritto la seconda lettera a Juncker e Tusk per chiedere che quel che è avvenuto domenica diventi una prassi, affidata non più alle nostre telefonate ai partner, ma a un gabinetto o comitato di crisi sotto l’egida della Commissione Ue, che poi si faccia mediatrice con i vari governi.
Una politica che stona con le sparate di Salvini sulla “pacchia” e le “crociere” dei migranti. Perché non interviene mai a zittirlo, in nome di un minimo di umanità?
Col ministro Salvini non parliamo di scelte lessicali, ma non mi pare una persona indifferente a certi valori. Parla per noi la nostra politica, finalizzata a ridurre le partenze e dunque i morti in mare, evitando di metterci ogni volta dinanzi a un drammatico dilemma morale. Se poi – come confido avverrà – altri Paesi extraeuropei accetteranno di creare non hotspot, ma ‘centri di protezione’ per esaminare le richieste di asilo, i veri profughi che avranno diritto di venire in Europa potremo portarli direttamente noi, con corridoi umanitari, stroncando il traffico degli scafisti.
Ma Dublino è ancora in vigore e la condivisione europea è solo su base volontaria. Ripeterebbe che al Consiglio d’Europa di fine giugno l’Italia ha vinto all’80%?
Sì, perché so com’è andata quella notte. Alle 5 meno un quarto del mattino, si alza un premier e dice: ‘Non accetteremo mai che Giuseppe chieda 10 e ottenga 10’. Rifiutava persino la dichiarazione iniziale per cui chi sbarca in un Paese europeo, cioè soprattutto in Italia, sbarca in Europa. I lavori sono stati sospesi per un quarto d’ora, poi alla ripresa il principio è passato.
Ma gli amici di Salvini, i Paesi di Visegrad capitanati da Ungheria e Repubblica Ceca, non accolgono nessuno. Che senso ha l’asse con loro?
Sto cercando di convincerli – perciò ho appena invitato il premier ceco a Roma – che nemmeno loro, che non affacciano sul Mediterraneo, sono immuni dal problema. Che bisogna controllare a livello europeo flussi e accoglienza per affrontare le questioni non solo migratorie, ma anche demografiche, che prima o poi toccano tutti. Qualcuno prima, altri fra qualche anno.
Come potete chiedere, con Salvini, che quelli libici vengano dichiarati porti sicuri? La Libia non è uno Stato e non ha un governo unico.
Lavoriamo per stabilizzarla. Con tutti i soggetti in campo.
Incontrerà anche il generale Haftar?
Lo vedrò. In autunno organizzerò qui in Italia una conferenza sulla Libia, invitando tutti gli stakeholder interessati all’area, dai governi europei agli Usa ai governanti dell’Africa mediterranea.
Macron lo sa?
Gliel’ho detto fin dal G7: l’obiettivo non sono le elezioni in Libia entro dicembre, ma la stabilizzazione del Paese: senza, le elezioni possono diventare un boomerang e moltiplicare il caos.
Ma per Macron la Libia è roba sua.
Se davvero la pensasse così, sbaglierebbe di grosso. La Libia non è né sua né nostra, è uno Stato indipendente che storicamente ha un rapporto privilegiato anche con l’Italia. Noi non ci rinunceremo mai.
Appena divenuto premier, lei s’è trovato catapultato al G7: come l’hanno accolta gli altri capi di governo?
Fino al giorno prima la Merkel e Trump li vedevo in tv. Ma mi sono subito calato nella parte e ho avuto la fortuna di conoscerli tutti insieme, anche in una serie di incontri bilaterali di mezz’ora ciascuno. Molto utili per stabilire un rapporto schietto, in vista degli incontri europei seguenti.
Con chi va più d’accordo?
Con tutti.
Anche con Macron?
È molto friendly e franco, a prescindere dalle frizioni che nascono dal fatto che lui difende gli interessi dei francesi e io quelli degli italiani.
Come ha reagito la Merkel quando lei ha rifiutato l’accordo per riprendersi i migranti “secondari”?
Ha apprezzato la mia franchezza. Le ho detto che dei movimenti secondari potremo occuparci solo quando l’Ue avrà preso impegni seri su quelli primari. Ha capito.
Parliamo di Rai: il governo sta per nominare il dg e i partiti il Cda. Ma per farne che? Qual è la vostra idea di Rai? Spezzettarla, privatizzarla, lasciarla così?
Difendere il servizio pubblico, assicurare una pluralità di voci, differenziare i canali e averne almeno uno senza, o con pochissima pubblicità. Il resto lo scriveremo in una riforma organica.
Lei che cosa guarda in tv?
Pochissimo: partite di calcio, o di tennis, e film d’autore.
Gioca a calcio e a tennis?
Giocavo, poi mi sono rotto il menisco e il legamento crociato, e dopo l’operazione non mi sono sentito più sicuro.
Che libri legge?
Noiosissimi testi di diritto. E, quando posso, letteratura. Il mio preferito è Saramago.
Ripristinerebbe l’art. 18?
Aspettiamo che sul punto si pronunci la Consulta. Intanto col dl Dignità abbiamo alzato l’indennità ai lavoratori licenziati illegittimamente.
Lei ha capito se il complotto evocato da Di Maio sulla “manina” che ha infilato il virus nel decreto Dignità è dell’Inps di Boeri o della Ragioneria dello Stato?
Non ho tempo per fare il detective. Certo quel numero di 8 mila disoccupati all’anno è arrivato all’ultimo, fuori tempo massimo perché potessimo controbattere con dati più attendibili a quelle stime poco plausibili. Avendo iniziato la carriera come giuslavorista, avrei parlato volentieri anch’io, se avvertito per tempo.
Pensa, come i 5Stelle, che qualcuno all’Economia remi contro e urga una bonifica?
Per carità, nessuna bonifica ambientale. Se dobbiamo cambiare o nominare qualcuno, seguiremo come sempre criteri di merito e professionalità, non di obbedienza.
Boeri scade a dicembre: sarà confermato?
Glielo dico a dicembre.
Anche Tria, che fa il poliziotto cattivo sulle coperture finanziarie, è nel mirino della maggioranza. È in bilico?
Ma no, lui è il Cerbero che deve far di conto. È il suo mestiere, nessun allarme. Voi non ci crederete, ma sono testimone diretto dei Consigli dei ministri: malgrado le voci di liti, non sono mai volate parole grosse o insulti. Se poteste assistere, vi annoiereste mortalmente. Per ora andiamo tutti d’accordo: anche quando ci sono posizioni diverse, la mia mediazione di giurista pragmatico vince sempre. E pure chi sembra più esuberante poi si rivela più ragionevole di quel che si dice.
Savona evoca il Cigno Nero, cioè l’uscita dall’euro per volontà altrui: l’Italia nell’euro è in discussione?
No, mai avuto né io né i miei ministri intenzioni del genere. Io lavoro al Cigno Bianco, cioè ad agire con responsabilità per prevenire con la stabilità dei conti qualunque valutazione di inaffidabilità che possa innescare tempeste finanziarie. L’Italia è solida e stabile, il debito pubblico è alto ma sostenibile. L’euro per noi è irreversibile.
Può giurare che non farete il condono fiscale?
Giuro che non ci saranno condoni. Siccome abbiamo in cantiere una riforma organica, direi rivoluzionaria, del fisco basata su due aliquote e una no tax area, consentiremo a chi ha col fisco pendenze senza colpa di azzerarle. Ma nessun condono come in passato, cioè interventi una tantum a quadro normativo invariato. Si azzera tutto, quale premessa necessaria e imprescindibile della riforma. Si ricomincia su basi nuove e si aumentano le pene per gli evasori.
È quel che dicono tutti quelli che fanno condoni, poi li chiamano concordato, voluntary disclosure, rottamazione delle cartelle…
Lei può chiamarlo come vuole, ma non sarà un condono: azzeramento delle pendenze a certe condizioni, poi semplificazione e fisco meno vessatorio con i contribuenti, ma più severo con gli evasori.
Lei disse subito di volere un’Italia più giusta: ma la Flat Tax, anche se non si capisce quanto sarà flat con tutte le detrazioni e deduzioni, favorisce i ricchi.
La Costituzione impone giustamente la progressività fiscale. E noi la rispetteremo.
Le nomine le sta facendo lei? Si leggono tanti nomi…
Il ministro competente le propone a me, io ne parlo con i due vicepremier, poi decidiamo insieme. Se non c’è accordo sulla persona più competente, rinviamo per trovarne una migliore.
L’ad dell’Eni, Descalzi, è stato rinviato a giudizio per corruzione internazionale: le pare normale?
Non l’abbiamo nominato noi, al momento del rinnovo ci porremo il problema. Se in futuro un manager fosse imputato di corruzione, ne trarremmo le conseguenze. Lo accompagneremo alla porta.
In Parlamento ha parlato molto di mafia e corruzione: quando arrivano le prime iniziative del governo?
Il ministro Bonafede sta lavorando su misure interdittive per aggravare le pene accessorie di corrotti e corruttori (il Daspo) e sull’agente sotto copertura per far emergere i reati e prevenirli. Ma anche per snidare la corruzione nascosta in certe sofisticate triangolazioni finanziarie e nei finanziamenti poco trasparenti, magari coperti dietro il paravento della privacy, a fondazioni e associazioni di varia natura. Poi faremo una seria normativa antimafia.
Salvini le ha parlato della sentenza sulla Lega?
Sì, mi ha rappresentato le difficoltà di fare politica senza risorse. È un problema serio, gli auguro di risolverlo.
Non ci dica che lei, giurista, condivide la licenza di sparare sempre ai ladri spacciata per legittima difesa.
La riforma che faremo non è in questi termini: sarebbe inaccettabile. Vogliamo solo risparmiare a chi davvero spara per difendersi il calvario dei vari gradi di giudizio.
Ma di solito vanno a processo quelli che sparano alla schiena del ladro in fuga.
Non solo, purtroppo. Comunque non daremo incentivi a farsi giustizia da soli, ad armarsi tutti o a sostituire la difesa delle forze dell’ordine con l’autodifesa personale.
Lei ha il porto d’armi o lo prenderebbe?
Io no, per carità, sono un pacifista: personalmente ritengo che possedere un’arma e tirarla fuori esponga addirittura, in certe circostanze, a rischi maggiori.
Per le Olimpiadi invernali del 2026 è meglio Torino o Milano?
Abbiamo affidato lo studio al Coni, per una candidatura che rispetti l’ambiente, risparmi risorse e riutilizzi impianti già esistenti. Quando lo avremo, diremo la nostra.
Avete promesso anche una legge sul conflitto d’interessi. Anche lei, appena arrivato, ha avuto un problema del genere: come avvocato aveva dato un parere su Retelit, poi il suo governo ha deciso nella stessa direzione.
L’unica strada che avevo per evitare polemiche era rinunciare a fare il premier. Oppure, come ho fatto, disinteressarmi totalmente della questione: mai toccato una carta di quel dossier da quando sono a Palazzo Chigi. Il Consiglio dei ministri ha deciso in assoluta libertà mentre io ero al vertice G7, nemmeno l’imbarazzo di dover uscire dalla stanza.
Negli apparati, nella burocrazia e nell’establishment sono più quelli che remano contro o quelli che saltano sul carro del vincitore?
Coesistono entrambe le categorie. Non frequento salotti, ma diciamo che l’eterno trasformismo e camaleontismo italiano un po’ lo noto.
Lei ha avuto vari contenziosi con l’Agenzia delle Entrate e ha detto che il postino portava le cartelle in una casa dove lei non abitava. Poi però s’è scoperto che alcune cartelle erano giunte dove lei abitava.
Quando ancora convivevo con mia moglie, in una casa senza portiere, si accumulavano notifiche che non sempre riuscivamo ad andare a ritirare alla posta. Poi però ho sempre pagato tutto. Una volta il commercialista mi disse che era scaduto il termine per fare opposizione, ma non ci fu nessuna evasione. Divenuto premier, ho chiesto un certificato all’Agenzia delle Entrate: sono risultato illibato.
Le dispiace, da uomo di sinistra, la quasi estinzione della sinistra?
Non gioisco affatto per le difficoltà del Pd e della sinistra in generale. Un’opposizione forte aiuta i governi a sbagliare meno e li sprona a fare meglio.
Come convive con due alleati, uno di destra e l’altro – su certe cose – di sinistra?
Benissimo. Faccio da ponte. Poi, sa, non avendo problemi di sondaggi, non bado alle percentuali di consenso personale: magari oggi perdi qualche punto, ma domani, se lavori bene, ne conquisti il doppio.
S’è pentito di quel curriculum che molti hanno giudicato taroccato o gonfiato?
No, perché non ho scritto nulla che non fosse vero, anche se poi le conferme dai vari atenei, dopo il polverone iniziale, si sono perse nel baccano generale. Se non ho risposto subito è perché non avevo a portata di mano le carte per confermare quelle esperienze di aggiornamento, e intanto stavo lavorando alla squadra di governo.
Tornando indietro, riscriverebbe il curriculum uguale identico?
No, tornando indietro scriverei: ‘Giuseppe Conte, avvocato’.
E premier no?
Ah, sì, ‘avvocato e presidente del Consiglio’.