La gara con cui Arcelor Mittal ha acquistato Ilva “presenta criticità” e potrebbe essere stoppata dal governo. È questa la risposta dell’Autorità Anticorruzione al termine dell’indagine, richiesta dall’esecutivo, sul bando che lo scorso anno aveva portato la vendita dell’acciaieria al colosso franco-indiano. Una decisione che complica non poco le cose per Mittal: adesso la palla passa al ministero dello Sviluppo economico, che domani riferirà in Aula sulla questione e potrebbe persino decidere di annullare il bando nel caso esista “un interesse pubblico specifico”.
Non si arriverà a tanto, ma Luigi Di Maio potrà far leva sulla pronuncia dell’Anac per mettere ancor più pressione sui nuovi proprietari di Ilva, già in trattativa col governo per rivedere le condizioni d’acquisto del gruppo siderurgico. L’Anticorruzione ha evidenziato come il bando, gestito e rivendicato dall’ex ministro Carlo Calenda, presentasse tre criticità. La prima, riguardo alla possibilità di rilanciare le offerte: inizialmente il ministero aveva previsto più fasi per valutare le proposte degli acquirenti ma poi la possibilità di effettuare rilanci non è stata normata. Quando Acciaitalia (la cordata di Jindal, Cassa Depositi e Prestiti, Arvedi e Del Vecchio) ha deciso di superare l’offerta di Mittal gli è stato impedito, invece di riaprire le manifestazioni d’interesse.
Il secondo problema riguarda il piano ambientale. L’aver deciso di rinviare il termine dei lavori dopo che la rosa dei “pretendenti” si era ridotta a due, secondo l’Anac, ha modificato il quadro economico: il periodo più lungo di addirittura sei anni avrebbe potuto spingere più imprese a partecipare, aumentando il livello di concorrenza e la qualità delle offerte.
C’è poi il nodo delle prescrizioni ambientali, rinviate di due anni – fino al 2023 – grazie a un decreto del presidente del Consiglio una volta che l’accordo con Mittal era ormai concluso, a scapito della cordata rivale.
Tutti argomenti arrivati sul tavolo dell’Anac dieci giorni fa, dopo che il governatore della Puglia Michele Emiliano aveva inviato una lettera a Di Maio sollecitandolo a chiedere un parere all’Autorità.
Dopo la notizia della bocciatura del bando, arrivata in serata, Di Maio ha informato il premier Giuseppe Conte dei contenuti della pronuncia e ha convocato una riunione straordinaria a Palazzo Chigi “per valutare i successivi passi da compiere”. Difficile che si chiuda un accordo con Mittal in pochi giorni, ma il gruppo dovrà rivedere l’offerta al rialzo, tenendo conto che su alcuni punti si stava costruendo un accordo già molto migliorativo rispetto alle condizioni volute da Calenda un anno fa. La conclusione di diversi interventi ambientali, per esempio, sarebbe già dovuta scendere dal 2023 al 2020, affianco all’impegno – da parte di Mittal – di sviluppare una parte della produzione a gas, senza bruciare carbone. Senza dimenticare gli esuberi: il piano iniziale, bocciato dai sindacati, ne prevedeva 4mila su 14mila occupati. Nelle ultime ore il governo aveva tentato di mitigare le perdite, studiando soluzioni per ridurli a un migliaio con più assunzioni e pre-pensionati e arrivando così a gestire circa 3mila persone tra amministrazione straordinaria, cassa integrazione e l’impegno di Mittal per un futuro riassorbimento.