Giovanni Tria e la maggioranza gialloverde che l’ha scelto come ministro dell’Economia già non si sopportano più. L’ultimo conflitto di un rapporto mai decollato si è consumato ieri, ancora sulle nomine. Gli uomini scelti da Tria (Dario Scannapieco per la Cassa Depositi e Prestiti e Andrea Rivera per la direzione generale del Tesoro) continuano a essere rifiutati da Lega e Movimento 5 Stelle. Ieri la frattura ha assunto una proporzione anche pubblicamente imbarazzante: il premier Giuseppe Conte ha convocato un vertice sulle nomine a Palazzo Chigi alle 15 e l’ha rinviato poche ore dopo. Matteo Salvini ironizza: “Io non ne sapevo nulla. Non sono io a convocare e sconvocare gli incontri”. Anche Giancarlo Giorgetti, sottosegretario a Palazzo Chigi, si affida a una battuta velenosa: “Esiste una procedura… Chiedete a chi gestisce la procedura. C’è un’intervista sul Fatto”. Si riferisce al passaggio di Giuseppe Conte sulle nomine: “Il ministro competente – ovvero Tria – le propone a me, io ne parlo con i due vicepremier, poi decidiamo insieme. Se non c’è accordo sulla persona più competente, rinviamo per trovarne una migliore”.
E dunque: Tria propone, Lega e M5S respingono, nessun accordo, vertice rinviato. E una nuova conferma su un rapporto – quello tra il ministro e i partiti di governo – ogni giorno più conflittuale. Dal Tesoro smentiscono categoricamente una circostanza riferita dal sito Dagospia, ovvero che Tria abbia minacciato le dimissioni per il perdurante veto su Scannapieco. Il nome di Scannapieco per Cdp – risulta al Fatto – è sempre valido, anche se i tempi si allungano. Il nodo delle nomine (anche Rai e Ferrovie dello Stato) non sarà affrontato prima di martedì 24 luglio. Quel giorno è previsto un Cdm utile per le scelta su Viale Mazzini. Ma l’asse Lega-M5S contro il ministro è sempre più solido. Chi è vicino a Salvini riferisce di un rapporto “profondamente deteriorato”: Tria e gli uomini da lui indicati rappresentano il “vecchio mondo”, o meglio “il solito establishment”.
Uno scontro che si allarga anche alle banche cooperative. Gli schieramenti sono noti: Tria fa da garante alla riforma delle Bcc approvata da Renzi nella passata legislatura. La Lega ha chiesto, invece, una moratoria, almeno fino a quando non saranno introdotte in Europa regole più favorevoli alle banche più piccole. Per provare poi in sostanza a smontare l’impianto della riforma. Il ministro l’ha già escluso pochi giorni fa, durante l’audizione in commissione Finanze. Ieri, malgrado sia saltato il vertice, Tria si è intrattenuto a lungo a Palazzo Chigi con Conte e i sottosegretari del Tesoro per parlare di questo. Propone solo un rinvio di sei mesi, senza sospendere l’obbligo per gli istituti di adeguarsi. Pure su questo con i gialloverdi sarà battaglia.