Ha innescato un terremoto il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli (M5S) che mercoledì ha sfiduciato l’ad e direttore delle Ferrovie, Renato Mazzoncini. L’epicentro del sisma è il palazzo Fs a Roma dove sono in corso le manovre per la successione, ma scosse forti si stanno propagando anche all’Anas di Gianni Armani, di recente inglobata dalle stesse Fs. E si arriva a Milano alla Regione Lombardia, guidata dal leghista Attilio Fontana, e alla sede di Trenord, le ferrovie lombarde gestite al 50% circa da Regione e Fs. Tra lunedì e martedì prossimi, le Fs di Mazzoncini avrebbero dovuto risolvere entrambe le faccende: per Trenord all’ordine del giorno il 30 c’era la chiusura della trattativa con l’uscita delle Fs dal capitale. Il giorno dopo era prevista l’approvazione del contestato bilancio Anas 2017. L’iniziativa di Toninelli riapre i giochi.
Nel governo è in corso una sfida a tre per la successione al vertice Fs: 5 Stelle e Lega che hanno idee diverse e poi c’è il ministro del Tesoro, Giovanni Tria, che in qualità di azionista unico dell’azienda dei treni vorrebbe dire la sua. Nella Lega, che si ritiene avvantaggiata nella corsa alla poltrona Fs, si sta imponendo il continuismo del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, che dopo aver provato a usare Tria per blindare Mazzoncini sta dirottando i suoi sforzi sul numero due dell’azienda, Maurizio Gentile, ad e direttore di Rfi, la rete ferroviaria. Per Giorgetti, Gentile ha molti meriti: è renziano, imposto 4 anni fa alla guida di Rfi dall’allora sottosegretario Luca Lotti. L’altro merito è che Gentile ha deciso per i prossimi anni investimenti per 14 miliardi di euro per i binari Lombardi. Il braccio di ferro nella Lega per le Fs si sta risolvendo con la sconfitta dell’ala pro Giuseppe Bonomi, all’inizio degli anni Duemila presidente di Alitalia e poi ad della Sea (aeroporti di Milano).
Bonomi era stato individuato come perno di quella che era stata definita “un’operazione di sistema” basata sull’ingresso delle Ferrovie nella vicenda Alitalia. Sullo sfondo, come outsider, c’è Massimo Sarmi, 70enne boiardo della Prima e Seconda Repubblica (Telecom e Poste), che sarebbe ben visto da Giulia Bongiorno, ministro della Pa, leghista dell’ultim’ora. C’è però una controindicazione dal punto di vista del M5S: come rappresentante legale della società, Gentile è nel registro degli indagati per il disastro ferroviario di Pioltello (25 gennaio, tre morti e 50 feriti). Mentre è stata archiviata pochi giorni fa l’indagine a suo carico per il sottopasso ferroviario di Firenze. Inoltre, il suo nome appare (da non indagato) nell’inchiesta Consip che coinvolge Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo: in un’intercettazione con il direttore di un’azienda interessata a una commessa relativa ai freni di Frecciarossa, Carlo Russo (amico di Papà Renzi) rassicurava: “Io ho la tua cartellina. Ieri mattina ho fatto colazione con Maurizio Gentile e gliel’ho data, chiedendogli di intervenire su questa situazione”. Sembrerebbe un controsenso sceglierlo per le Fs dopo che Mazzoncini è stato giubilato proprio per i suoi guai con la giustizia (a giudizio per una presunta corruzione). Secondo il Fatto i 5 Stelle per le Fs hanno valutato il nome di Gianfranco Battisti, presidente di Federturismo, da poco amministratore di Sistemi Urbani delle Fs e in precedenza responsabile della divisione passeggeri dell’Alta velocità.
Il licenziamento di Mazzoncini si riverbera anche sul futuro di Trenord, le ferrovie lombarde. Proprio quando Toninelli ha sganciato la sua bomba, Fs e Trenord stavano decidendo di andare ognuna per conto suo, ma secondo fonti della Lega ieri mattina c’è stato il dietrofront: il ministro dei Trasporti si è sentito per telefono con il governatore della Lombardia e insieme avrebbero deciso di tenere insieme Fs e Trenord sulla base di un nuovo patto basato sulla condivisione delle spese (1 miliardo di euro circa) per il rinnovo della flotta dei treni. Infine l’Anas: secondo le disposizioni di Mazzoncini l’azionista Fs avrebbe dovuto votare il 31 luglio il bilancio della controllata Anas su cui continua a pesare il macigno della mancata svalutazione del patrimonio di 2 miliardi di euro. Ora che il vecchio vertice Fs è stato giubilato, l’esito più probabile è che l’assemblea di bilancio Anas sia di nuovo rinviata.