Lombardia

Lombardia, il centrodestra vuole la legale dei boss nel comitato antimafia della Regione

Antimafia - Maria Teresa Zampogna sostenuta dalla maggioranza. Dubbi di M5s e Pd: “Deve essere esperta nel contrasto al crimine”

4 Agosto 2018

Esperta di mafia lo è, Maria Teresa Zampogna. L’ha vista da vicino, al nord e al sud, a Milano e a Pavia, in Sicilia e in Calabria: per aver difeso un capo di Cosa nostra come Salvatore Lo Piccolo, un boss calabrese come Carmine Valle, un funzionario pubblico legato alla ‘ndrangheta come Carlo Chiriaco, un politico lombardo che comprava i voti mafiosi come Domenico Zambetti. È così esperta, che ora la maggioranza Lega-Forza Italia che guida la Regione Lombardia la vuole nel comitato antimafia regionale.

Protesta la consigliera Monica Forte, del Movimento 5 stelle, presidente della commissione consiliare antimafia della Regione: “Pongo un problema di opportunità: nel comitato devono entrare persone con esperienza nel contrasto alle mafie”. Non nella difesa dei mafiosi. Interviene anche David Gentili, presidente della commissione antimafia del Comune di Milano: “Un avvocato di mafiosi contrasta la mafia? La conosce, questo sì. Attendo di sapere se l’avvocato Zampogna abbia una riconosciuta esperienza anche nel contrasto alle mafie. Per ora la si conosce come avvocato di diversi mafiosi. E per ora io ritengo sbagliata la sua nomina”.

Chi sostiene la sua candidatura sottolinea che il diritto alla difesa è garantito dalla Costituzione e che difendere mafiosi non significa essere mafiosi. Vero. Resta però il problema dell’opportunità: garantire il diritto alla difesa e contrastare la mafia sono due funzioni ugualmente importanti, ma sono diverse tra loro. Ed è opportuno che restino divise. Si metterebbe il difensore di un violentatore in una commissione contro la violenza sulle donne? O il legale di un pedofilo in un organismo contro la pedofilia? No, ma nel caso dell’antimafia, oltre che l’opportunità, si dimentica perfino il buonsenso.

I clienti mafiosi dell’avvocato Zampogna sono tutti personaggi criminali di primo piano. Il boss Lo Piccolo, quando fu arrestato nel 2007, dopo 25 anni di latitanza, era considerato il capo di Cosa nostra a Palermo. Carlo Chiriaco, arrestato nel 2010 in seguito a un’indagine di Ilda Boccassini svolta in collaborazione con i magistrati di Reggio Calabria, era il potentissimo direttore della Asl di Pavia e, intercettato, si vantava delle sue amicizie con i boss della ‘ndrangheta e delle sue imprese mafiose: “Il primo processo l’ho avuto a 19 anni per tentato omicidio… comunque la legge è incredibile, quando tu fai una cosa puoi star certo che ti assolvono, se non la commetti rischi invece di essere condannato… È vero che gli abbiamo sparato… Sono stato assolto per non aver commesso il fatto. Dopodiché io sono un angioletto… Io sono veramente un miracolato, sono stato in mezzo a tanti di quei casini…”. E Zambetti, diventato assessore in Lombardia grazie ai voti comprati dalla ‘ndrangheta a 50 euro l’uno, con il suo arresto ha fatto implodere nel 2012 la giunta regionale lombarda. Allora era quella di Roberto Formigoni; oggi, sei anni dopo, la giunta di Attilio Fontana sta per insediare all’antimafia il suo legale.

Il maestro dell’avvocato Zampogna è Armando Veneto, presso il cui studio romano la legale s’appoggia. Veneto, che è stato senatore dell’Ulivo, fu il difensore di Tommaso Buscetta, che però lo cambiò subito dopo la decisione di collaborare con la giustizia e raccontare i segreti di Cosa nostra a Giovanni Falcone. Veneto è sempre restato invece il legale dei Piromalli. Fu investito dalle polemiche quando, in una giornata piovosa del febbraio 1979, tenne nella chiesa di Gioia Tauro, davanti a una folla enorme e a una distesa di corone di fiori, l’orazione funebre per Girolamo Piromalli, “don Mommo”, boss riconosciuto della ‘ndrangheta della Piana. Amico di Marcello Dell’Utri, Armando Veneto è più volte citato dai boss che tra il 2007 e il 2008, intercettati, parlano con il fondatore di Forza Italia di affari e di voti mafiosi da garantire e soprattutto di 41 bis, il carcere duro da cancellare o almeno ammorbidire per Giuseppe Piromalli, detto “Facciazza”.

Il “Comitato tecnico-scientifico per la legalità e il contrasto alle mafie” della Regione Lombardia è formato da sette membri. I cinque espressi dal Consiglio regionale sono stati votati il 31 luglio. Oltre a Maria Teresa Zampogna (proposta da Forza Italia), sono stati indicati (dalla Lega) il poliziotto Stefano Memoli ed Erica Antognazza, che è il capogruppo del Carroccio a Tradate. I Cinquestelle hanno suggerito Claudio Meneghetti e l’ufficio di presidenza della commissione antimafia ha indicato il professor Nando Dalla Chiesa, possibile presidente del comitato. Al presidente della Regione Attilio Fontana, ora, il compito di confermare Zampogna o di consigliarle il passo indietro.

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