“L’ultimo test su tiranti e stralli basato su scariche elettriche risale al febbraio 2017”, dichiara al Fatto un alto dirigente di Autostrade. Prima, quindi, dello studio del Politecnico che lanciava un allarme sullo stato del pilone 9 (quello che ha ceduto). Mentre i lavori erano previsti per l’autunno 2018.
“Noi abbiamo consegnato il nostro studio nel novembre 2017. Abbiamo tenuto a non fornire ad Autostrade soltanto i dati, ma ci siamo sentiti in dovere, per una questione etica e professionale, di aggiungere un’analisi che conteneva i nostri timori. So che poi hanno deciso un intervento rapido. Ma viene da chiedersi perché si siano aspettati vent’anni” (da quando cioè era stato compiuto l’intervento sul pilone numero 11), spiega Stefano Della Torre che guida il Dipartimento di Architettura e Ingegneria della Costruzioni del Politecnico di Milano, che effettuò uno studio commissionato da Autostrade sul ponte Morandi, evidenziando per il pilone 9 dati “non del tutto conformi alle attese e certamente meritevoli di approfondimenti teorico-sperimentali”.
È la domanda principale cui cercano risposta la Procura di Genova (che ieri ha sequestrato il viadotto e il materiale – mail e atti interni – relativo ai controlli) e la Commissione ministeriale che ieri si è recata sul luogo del disastro. Insomma: Autostrade, dopo l’allarme del Politecnico di Milano, ha agito in modo tempestivo e ha fatto i controlli? La prova della scarica elettrica – che attraversa i tiranti degli stralli e ne rivela lo stato di salute – non era stata ripetuta (comunque si era nei termini di legge). Ma ci sono altri test: “Abbiamo compiuto, l’ultima volta nel giugno 2018, i controlli di legge”, riferiscono i dirigenti della società. Sono le cosiddette “ispezioni manuali”: “Noi ingegneri venivamo issati a 90 metri di altezza con una gru e controllavamo centimetro per centimetro lo stato del cemento e la presenza di crepe”, racconta un ingegnere di Autostrade, “il problema era che ogni volta dovevamo bloccare il traffico o deviarlo”.
La rottura dei tiranti è “un’ipotesi di lavoro seria” , ha detto Antonio Brencich, docente dell’università di Genova e membro della commissione del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture che indaga sul crollo. A dare consistenza all’ipotesi ci sono le parole di alcuni testimoni: “Ho visto i tiranti spezzarsi contemporaneamente, poi sono caduti sulla carreggiata, l’hanno fatta salire in alto e dopo si è spezzata la campata”, ha raccontato Maria Marangolo, infermiera.
Le condizioni del ponte erano state oggetto di una Commissione in Consiglio Comunale il 18 luglio scorso: “Io non nego che ogni volta che passo su quel ponte, non dico che proprio accelero sennò prendo la multa, ma cerco di attraversarlo il più velocemente possibile, perché se non altro per la legge dei grandi numeri… prima o poi quel ponte non ci sarà più”, disse Mauro Avvenente (Pd). Mauro Moretti, dirigente Maintenance di Autostrade descrisse così la situazione: “I lavori di manutenzione sono stati fatti, ovvio. Chiaro, però, che l’opera non può diventare un coacervo di ulteriori strutture che poi appese sopra diventerebbero un appesantimento di un ponte progettato per essere snello”. Già questo passaggio ha attirato l’attenzione degli investigatori. Tradotto: i lavori di manutenzione possono aver alterato la statica del ponte, magari con un peso eccessivo? Moretti prosegue: “È chiaro che l’opera ha ormai cinquant’anni e tra l’altro è oggetto di aggressione continua degli elementi atmosferici, siamo in un ambiente salino, vicini al mare…”.
Moretti accenna all’aggiunta sul Morandi di un carro ponte. Poi il dirigente di Autostrade annuncia: “Sull’opera è previsto un intervento molto importante nel prossimo futuro… per quanto riguarda le opere di sostegno e quindi gli stralli”. Proprio come quello realizzato negli Anni Novanta. Moretti spiega che il cantiere doveva essere avviato nel settembre 2018. Ancora un anno abbondante quindi.
Ma a quali controlli era sottoposto il Morandi? C’era il test della scarica elettrica, che però risaliva al febbraio 2017. “Negli Anni Novanta poi avevamo installato un sistema di monitoraggio costante basato su inclinometri, i dati venivano inviati a una centralina alla base del ponte”, racconta un ingegnere che aveva effettuato i lavori all’epoca. Ora i periti dovranno stabilire se questo sistema fosse ancora in uso e se comunque non fosse superato.