“Noi di Ismes abbiamo suggerito ad Aspi (che si occupa di vigilanza per Autostrade, ndr) di aumentare la frequenza di alcune ispezioni e implementare un sistema di monitoraggio dinamico, ossia continuo, del ponte Morandi in presenza di fenomeni rapidamente variabili (es. vento, traffico, sisma, ecc.)”.
È scritto così in un documento della società Ismes (del gruppo Cesi). Parliamo di uno dei più noti studi che si occupano di verifiche strutturali. Si aggiunge: era tutto scritto “nei diversi rapporti originariamente consegnati a Aspi, tra gennaio e maggio 2016 (e inoltrati nuovamente, su richiesta nel cliente, nella notte tra il 14 e il 15 agosto)”.
Le dichiarazioni di Ismes, insieme con lo studio integrale, saranno presto acquisite dalla Procura di Genova. E puntano ancora il faro delle indagini sui controlli di Autostrade. Perché Ismes conclude: “Al momento Ismes non è a conoscenza dell’effettivo utilizzo o implementazione, da parte del cliente, delle informazioni e dei suggerimenti da lei indicati nei rapporti oggetto dell’incarico”.
Al Fatto un alto dirigente di Autostrade aveva riferito: “Noi compiamo una volta l’anno i controlli con le scariche elettriche che monitorano la salute di tiranti e stralli (l’ultima volta, però, nel febbraio 2017, sedici mesi prima del disastro). Più quattro controlli l’anno di tipo visivo”. Cioè issando gli ingegneri su una gru e passando in rivista ogni centimetro del ponte. Il dirigente non ha fatto nessun cenno al “monitoraggio dinamico continuo” suggerito da Ismes.
È l’inizio del 2015 quando Autostrade decide di rivolgersi proprio a Cesi e Ismes. La società di ingegneria non è chiamata a compiere direttamente le verifiche strutturali. Deve dare una valutazione sui controlli effettuati dal concessionario (in base al materiale che Autostrade e Aspi forniscono). Ismes, appunto, consiglia di implementare i controlli. Bisogna fare di più, sostengono di aver detto i tecnici dello studio ingegneristico.
Forse proprio da qui Autostrade decide di realizzare i lavori sui piloni 9 (quello crollato) e 10. Più di vent’anni dopo quelli compiuti sull’11 (una circostanza su cui si stanno concentrando i pm).
Il primo passo di Autostrade fu chiedere un ulteriore studio al Politecnico di Milano per modulare gli interventi. E anche in questo caso il responso non è tranquillizzante: “Per gli stralli del sistema bilanciato numero 9 è stato possibile identificare con confidenza solo 4 modi globali e 2 di essi si presentano con deformata modale non del tutto conforme alle attese e certamente meritevoli di approfondimenti teorico-sperimentali”. Insomma, par di capire: il pilone 9 forse è malato. Gli studiosi del Politecnico aggiungono: “In particolare appare probabile a chi scrive che le differenze osservate siano riconducibili a una differente pre-sollecitazione residua dei tiranti” generata “a esempio da possibili fenomeni di corrosione dei cavi secondari, da difetti di iniezione, ecc”. Stefano Della Torre, che guida il Dipartimento di Architettura e Ingegneria delle costruzioni del Politecnico di Milano autore dello studio, però, ci tiene a precisare: “Noi abbiamo consegnato il nostro studio nel novembre 2017. Abbiamo tenuto a non fornire ad Autostrade soltanto i dati, ma ci siamo sentiti in dovere, per una questione etica e professionale, di aggiungere un’analisi che conteneva i nostri timori”.
Autostrade quindi decide di avviare i lavori. Il 28 aprile 2018 pubblica il bando di gara (i vincitori dovevano essere noti a settembre). I lavori dovevano cominciare dopo l’estate (quasi due anni dopo lo studio dell’Ismes e dodici mesi dopo quello del Politecnico). È il punto chiave dell’inchiesta: ora i pm vogliono scoprire se Aspi e Autostrade abbiano messo in atto i controlli più stringenti suggeriti da Ismes (i dirigenti di Autostrade non ne hanno fatto cenno parlando con il cronista). Vogliono capire se un monitoraggio dinamico e continuo avrebbe potuto salvare il ponte e 43 vite umane. Ma soprattutto si chiedono se Autostrade, di fronte agli avvertimenti di Ismes e del Politecnico, abbia agito tempestivamente. O se, addirittura, non avrebbe dovuto chiudere il viadotto.