Percorrendo la Salaria con destinazione Amatrice, i segni del terremoto si vedono già una trentina di chilometri prima: resti di edifici crollati, altri lesionati e tenuti insieme con putrelle d’acciaio o puntellati con pali di legno. Se non si è mai stati nella cittadina simbolo del sisma di due anni fa, ci si figura che lo scenario a cui si sta andando incontro sia una versione più concentrata di ciò a cui l’occhio si sta abituando. Non è così. La cosiddetta zona rossa, cioè quel che fu il paese di Amatrice, è un paesaggio di macerie. Un deserto. A testimoniare che li c’era un centro abitato sono rimasti forse una decina di monumenti e porzioni di edifici, tra cui la Torre civica del ‘200 fasciata in una gabbia d’acciaio e le quattro chiese più importanti, che il ministero dei Beni culturali cerca di recuperare. “Se vado in paese non riesco più a capire dove stava la mia casa” dice un’anziana signora che ora vive in una delle circa 500 Sae, soluzioni abitative d’emergenza, distribuite in 44 aree tra le 69 frazioni del Comune. Non è l’effetto diretto del terremoto, è il lavoro di demolizione. Il sisma, oltre i 299 morti, ha lasciato tra Amatrice e Accumoli il 95% di edifici non agibili.
Il primo lavoro intrapreso dai 3 commissari governativi che si sono finora alternati è stato la demolizione. Quello delle macerie al momento è il grande tema. Due i lotti appaltati, uno per le macerie generiche, l’altro per gli edifici storici, vigilato dai beni culturali: si cerca di salvare ogni pietra utile. “Quando invece si demolisce un’abitazione civile”, spiega il capocantiere di una delle ditte al lavoro, “vengono avvistati i proprietari, che cercano di recuperare qualcosa”.
Spiega Filippo Palombini, ingegnere sismico con dottorato a Londra, ex vicesindaco e da maggio primo cittadino, subentrato a Sergio Pirozzi: “Che a due anni dal sisma non sia ancora stato ricostruito nulla è normale. Non si può partire con la ricostruzione tra gli edifici pericolanti. Per ricostruire in un territorio così vasto ci vogliono anni. Il problema è che per via delle macerie manca la fiducia”. Che due anni solo per demolire siano troppi Palombini non lo dice, ma ce l’ha con la burocrazia: “Studi di fattibilità, conferenze dei servizi, gare, ricorsi, cantierizzazione. Quando si decide che una gestione è commissariale, si dovrebbe agire con procedure più snelle”.
Per ora è stato rimosso circa il 50% dei detriti, le gare per la demolizione e la rimozione sono state assegnate e Palombini conta di avere il centro liberato entro febbraio 2019, già a novembre le altre aree.
Il commissario alla ricostruzione, Paola De Micheli, in scadenza, fa sapere che per ora sono stati stanziati 150 milioni, 113 per le opere pubbliche, 35,6 per le 325 domande di ricostruzione dei privati. Guardando alle tabelle del Governo, per i sismi del centro Italia sono impegnati, sulla carta, 847 milioni nel 2016, 2,3 miliardi nel 2017, 1,8 nel 2018, 1,5 nel 2019.
Qui non ci si lamenta per ora di mancanza di fondi, né dell’intervento pubblico. La gestione dell’emergenza sembra aver funzionato. A tutti è stato trovato un tetto (a molti tramite il Cas, contributo autonomo di sistemazione). La scuola, prefabbricata, era già riaperta a settembre 2016.“Una parte essenziale della vita di Amatrice è rinata”, ci tiene a dire il sindaco, “le attività commerciali hanno riaperto tutte, chi aveva un’azienda agricola ha avuto una struttura provvisoria per continuare”.
Una bella parte l’ha fatta la solidarietà dei privati: il Polo del Gusto, dove si sono concentrati i ristoranti, e la nuova scuola (6 milioni dalla Ferrari), per fare due esempi, sono stati finanziati in gran parte dalle donazioni.
Quello che preoccupa è il futuro: “Temo che il provvisorio diventerà definitivo”, dice un’altra signora delle “casette”.
Domani le commemorazioni, il momento del raccoglimento, a cui non saranno ammesse le telecamere. Ma dal 31 agosto al 2 settembre ritorna, dopo due anni, la sagra degli spaghetti all’Amatriciana, iniziativa importante per una località che contava molto sul turismo. Dopo il lutto si cerca la rinascita.