Potrebbe essere la fine della luna di miele tra i magistrati e il ministro della Giustizia. Alfonso Bonafede, il Guardasigilli espresso dal Movimento 5 Stelle, è accusato di non aver difeso con sufficiente forza i magistrati attaccati da Matteo Salvini, ministro dell’Interno e leader della Lega. “Doveva intervenire subito. E far sentire forte e chiara la sua voce”: questo è l’umore diffuso, il sentimento comune che si raccoglie tra le toghe. A metterci la faccia, per tutti, è il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Francesco Minisci, con le sue dichiarazioni a Repubblica: “Tutti coloro che ricoprono incarichi istituzionali, anche i membri del governo, in particolare il ministro della Giustizia, debbono avere a cuore e difendere le prerogative costituzionali della magistratura”. Opinione condivisa da chi ricorda come Bonafede si fosse presentato come il primo ministro della Giustizia con un programma netto di difesa dell’autonomia e indipendenza della magistratura, senza interferenze della politica e in sintonia sui temi in discussione, dalle intercettazioni telefoniche alle misure contro la corruzione. C’è chi ricorda anche che aveva avviato un confronto positivo con la magistratura associata, incontrando una delegazione dell’Anm e poi i rappresentanti dei quattro gruppi associativi, che si erano detti tutti soddisfatti del dialogo aperto e del clima di collaborazione instaurato. “Ora però non è stato abbastanza deciso a intervenire. Per qualcuno di noi è stata una delusione”, mormora un pm. Altri sono più cauti e restano in attesa.
Salvini aveva attaccato il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, dopo che questi aveva ispezionato personalmente l’imbarcazione Diciotti con a bordo 177 migranti bloccati in porto dal ministro dell’Interno e dopo che aveva deciso di iscrivere Salvini nel registro degli indagati, per i reati di sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio. “Se i magistrati pensano di intimorire qualcuno si sbagliano”, ha reagito ieri il leader della Lega, in un’intervista al Messaggero in cui ha poi annunciato che il governo gialloverde intende mettere mano alla riforma della giustizia, “non per l’inchiesta su Salvini ma perché abbiamo milioni di processi arretrati e questo è uno dei problemi che frenano gli investimenti in Italia. Una riforma dei tempi della giustizia serve. Poi affronteremo la separazione delle carriere e il correntismo della magistratura”. Parole che risuonano come una minaccia ai magistrati e che lo hanno fatto tornare in sintonia con Silvio Berlusconi, grande habitué dell’attacco alle toghe. Parole che, in più, confermano la tendenza del leader della Lega a intervenire su tutto, a uscire dalle competenze del suo ministero e a scavalcare il Consiglio dei ministri.
La prima reazione del ministro Bonafede alle parole di Salvini era arrivata domenica: “Il governo – aveva scritto sulla sua pagina Facebook – fa le sue scelte e le porta avanti compatto e a testa alta nel rispetto dei cardini fondamentali della democrazia. Tra questi c’è la separazione dei poteri e il rispetto della magistratura che può chiaramente essere criticata, ma mai offesa. Ventilare un movente politico dietro l’azione dei magistrati appartiene a una stagione politica ormai tramontata con l’arrivo della Terza Repubblica e del governo del cambiamento”.
Ieri il Guardasigilli ha ribadito il concetto, sostenendo che la magistratura va rispettata, che il ministro non fa il sindacalista dei magistrati, però tutela al massimo l’autonomia dell’azione giudiziaria e l’indipendenza della magistratura: “Parlare di pm politicizzati, oggi, è totalmente fuori tempo. Uno degli obiettivi che il Guardasigilli si è posto sin dal suo insediamento è quello di tirare fuori la giustizia dal pantano in cui la politica l’ha costretta negli ultimi decenni. E su questo non arretrerà di un millimetro”.