Cinque minuti di proiezione su uno schermo piazzato nella sala del Consiglio dei ministri. Ecco cosa dovrebbe fare il governo prima di varare le riforme che, secondo le promesse, ci porteranno al reddito di cittadinanza e alla flat tax: guardare il video, ormai virale in Rete, che ritrae cinquanta passeggeri della ferrovia Cumana di Napoli intenti a superare i tornelli d’ingresso dopo aver acquistato un solo biglietto. Il filmato è istruttivo. Insegna come, in assenza di senso civico, per far pagare a tutti i trasporti pubblici siano necessari controllori agguerriti e tornelli tecnologicamente migliori, in grado di non essere bloccati dalla folla. Dopo la visione, il premier e suoi ministri avranno certamente chiaro che prima di varare ogni taglio di tasse o sussidio è necessario stabilire come prevenire, reprimere e punire truffe e abusi.
Il nostro per mille motivi è un Paese particolare. Pensare che quando e se le riforme entreranno in vigore tutto filerà liscio è da dementi o da bugiardi. Ciascuno di noi sa che accanto a milioni di cittadini che percepiranno il reddito perché effettivamente in cerca di un impiego, ve ne saranno decine di migliaia che un lavoro – loro malgrado in nero – lo hanno già. Ma nonostante questo, o proprio per questo, tenteranno di intascare il denaro ugualmente. Mentre ve ne saranno altri disposti a farsi licenziare (per poi lavorare senza contratto) pur di incamerare una sorta di doppio stipendio. Certo si tratterà di una minoranza. Ma sarà assai numerosa.
Una previsione analoga la si può fare sulle tasse. Pagarne meno e in maniera più semplice non basta per credere che chi oggi evade tutto o in parte un domani non continuerà a farlo. L’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, Massimo Romano, ha spiegato che in Italia per i lavoratori autonomi “è razionale” non dichiarare la propria reale situazione al fisco. Stando alle statistiche, un titolare di un bar rischia un controllo ogni 30 anni, un’impresa edilizia uno ogni 26, un ristoratore uno ogni 24 e un medico addirittura uno ogni 91 anni.
Se la situazione è questa e per decenni, anche a causa di una pressione fiscale troppo elevata, milioni di persone si sono abituate a lavorare in tutto o in parte in nero, davvero crediamo che per farle pagare basti portare il prelievo al 15 o 20 per cento? Ecco allora perché l’esempio della ferrovia di Napoli deve restare impresso nelle menti dei governanti. Le riforme, per essere economicamente sostenibili, devono essere precedute dalla creazione di un sistema di verifica efficace. Non servono solo nuovi controllori (come ad esempio migliaia di ispettori del lavoro), serve soprattutto una svolta tecnologica. Servono i famosi tornelli migliori. Le varie banche dati e l’anagrafe dei conti correnti vanno realmente incrociate. L’utilizzo della moneta elettronica va favorito e per spingere i commercianti a battere ogni scontrino bisogna riflettere su quanto accade in farmacia, dove i clienti fanno memorizzare il proprio codice fiscale perché così godranno di una detrazione sulle imposte. Poi ci vogliono le sanzioni. Il governo vagheggia pene fino a 6 anni per il lavoro nero e carcere per i grandi evasori.
Noi, vista la lentezza dei processi, non siamo contrari, ma ci crediamo poco. E tifiamo per duri provvedimenti amministrativi: ritiro di patenti di guida, chiusura dei conti correnti, sospensione del passaporto e pubblicazione dei nomi dei furbi. Perché se lo Stato riduce le tasse al 15 per cento o dà un sussidio, chi bara non è un cittadino. È un verme.