In Parlamento la ratifica del trattato tra l’Italia e gli Emirati Arabi, che avrebbe favorito l’estradizione dei latitanti come Amedeo Matacena, sarebbe stata bloccata “da un avvocato di Reggio Calabria che è anche senatore. D’Ascola”.
“Senta, voi però questo non lo dovette mettere”. Definito il principe dei faccendieri, già condannato a 10 anni di carcere per il depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna e ad altri tre per il crac dell’Ambrosiano, Franco Pazienza ci prova e chiede agli investigatori che una parte del suo interrogatorio non venga trascritto.
Naturalmente, Pazienza parla e gli uomini della Dia registrano. Le dichiarazioni dell’ex agente del Sismi, al centro delle più intricate trame italiane, finiscono così nel processo “Breakfast” dove, a Reggio, è imputato l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola accusato di aver favorito l’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena nel tentativo di trasferirsi da Dubai in Libano.
Pazienza sarà sentito come testimone dal Tribunale di Reggio Calabria dove il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha depositato una memoria. Il teste dovrà spiegare in aula i rapporti tra la cosca Araniti e l’ex segretario della Dc Pino Pizza organizzatore delle cene romane alle quali partecipava anche Marcello Dell’Utri. Ma non solo. Dovrà riferire pure sulle confidenze di Stefania Franchini, un avvocato italiano che vive da 27 anni in Libano, in merito “all’intervento del senatore Nico D’Ascola – scrive il pm – per non fare concretizzare la firma sul trattato d’estradizione tra gli Emirati e l’Italia”.
Davanti agli inquirenti, Pazienza elogia l’avvocato Franchini: “È lei che ha preparato il trattato di estradizione”. Gli investigatori cercano di capire qualcosa in più sul trattato che “l’Italia non vuole ratificare”. Ed è a questo punto che Pazienza sbotta (“Però va raccontata tutta la storia…”) e mette in fila i ricordi delle sue chiacchierate con la professionista. Chi ha spinto per non ratificare il trattato? “Un avvocato di Reggio Calabria – è la sua risposta – che è anche senatore adesso non mi ricordo il nome… è presidente della Commissione giustizia del Senato. Io le sto dicendo quello che m’ha detto l’avvocatessa Franchini. M’ha detto: ‘È lui che ha bloccato la ratifica da parte dell’Italia perché giù (in Libano, ndr) l’hanno firmata’”. Qualche minuto e Pazienza ricorda il nome del parlamentare: “D’Ascola”. È Nico D’Ascola, già presidente della commissione Giustizia del Senato nella passata legislatura, ex avvocato di Berlusconi poi transitato nel Nuovo centrodestra di Alfano e, alle ultime Politiche, candidato non eletto nella coalizione del Pd.
Accuse fondate o illazioni di chi pesca nel torbido? D’Ascola ha preferito non commentare anche perché, fino al 2014, l’ex parlamentare è stato il difensore di Scajola e ha rinunciato alla nomina dopo le polemiche sorte quando era relatore del ddl anticorruzione.
Non ratificando il trattato con gli Emirati, il Parlamento ha di fatto garantito la latitanza a Dubai di Matacena condannato in via definitiva per concorso esterno con la ‘ndrangheta, ma anche del cognato di Gianfranco Fini, Giancarlo Tulliani e di camorristi vari. La nuova Camera ha già ratificato il trattato, al Senato Davide Mattiello del Pd e Mario Michele Giarrusso del M5S chiedono alla presidente Maria Elisabetta Casellati di calendarizzare quanto prima il provvedimento.
Quanto riferito da Pazienza è stato definito da D’Ascola, in una nota diffusa dall’agenzia Ansa, come “radicalmente falso“. “Tutto quanto viene riferito su
questa vicenda è falso. Direi che lo è anche ‘quantitativamente’ perché non vi è un solo grammo di verità in tutto ciò che è stato riportato”. dice l’ex senatore.
•Aggiornato da redazione web alle 18 e 36 del 23 settembre 2018