La perizia dei Ris ha forse risolto dopo 17 anni il cold case di Arce: Serena Mollicone è stata uccisa all’interno della caserma dei carabinieri del comune in provincia di Frosinone. I Ris nelle scorse ore, confermando il principale sospetto dei magistrati di Cassino, hanno ultimato l’analisi sui frammenti di legno provenienti dal nastro adesivo con cui erano stati bloccati mani e piedi della diciottenne. Serena Mollicone, il 1 giugno 2001, era uscita di casa per recarsi all’ospedale di Isola del Liri.
Il suo corpo era stato ritrovato due giorni dopo in un boschetto di Anitrella, frazione di Monte San Giovanni Campano, da alcuni volontari della Protezione civile. Aveva un sacco di plastica sulla testa e le mani e i piedi legati. Il primo indagato, poi prosciolto in via definitiva, fu Carmine Belli, carrozziere con il quale si ipotizzò che la ragazza avesse un appuntamento. Nel 2008 il misterioso suicidio di Santino Tuzi, uno dei carabinieri presenti nella caserma il giorno della scomparsa della ragazza, contribuì alla riapertura delle indagini. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la ragazza fu picchiata a morte dopo una lite violenta nei locali della caserma di Arce dove si era recata per denunciare, stando alla ricostruzione dei familiari, traffici illeciti di droga. Fu poi soffocata nel boschetto vicino. All’omicidio hanno fatto seguito una serie di presunti depistaggi.
Il luogo del ritrovamento del corpo della ragazza era già stato perlustrato, invano, dai carabinieri. Anche il cellulare di Serena fu ritrovato in un cassetto che era già stato ispezionato. E le modalità del suicidio di Tuzi da subito sono sembrate singolari. Nei mesi scorsi la consulente medico-legale della Procura di Cassino, Cristina Cattaneo, ha sostenuto che la ragazza oppose una strenua resistenza. Sono emersi infatti ematomi risalenti a poco prima della morte. Serena fu colpita con calci, pugni, fu strattonata e sbattuta con la testa contro la porta dell’alloggio della caserma, porta alla quale, come confermato dai Ris, appartengono i frammenti rinvenuti nel corso dell’autopsia.
Gli autori dei colpi sferrati a mani nude sulla porta, secondo la dottoressa Cattaneo, sono con molta probabilità i due uomini ora indagati per omicidio volontario e occultamento di cadavere: il maresciallo Franco Mottola, ex comandante della stazione di Arce, e suo figlio Marco. Si procede anche nei confronti della moglie di Mottola, del luogotenente Vincenzo Quatrale, accusato di concorso morale nell’omicidio e di istigazione al suicidio del brigadiere Tuzi, oltre che nei confronti dell’appuntato Francesco Suprano per favoreggiamento. Quest’ultimo, secondo il procuratore capo Luciano D’Emmanuele, avrebbe saputo della presenza di Serena in caserma il giorno della scomparsa e avrebbe taciuto.