Comunque vada sarà un successo. Almeno per lei. E nonostante la battaglia sotterranea che si sta consumando ai piani alti di Palazzo Madama, dove i fautori dei tagli, M5S in testa, aspettano da settimane che si proceda al ricalcolo dei vitalizi che gli italiani attendono da anni. A Montecitorio, il presidente Roberto Fico ha varato il ricalcolo degli assegni degli ex deputati già da due mesi. Al Senato invece si procede al rilento. Tra richieste di pareri al Consiglio di Stato e audizioni eccellenti, come quella del presidente dell’Inps, Tito Boeri. Alla fine, la presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati sembra aver rotto gli indugi: la questione verrà definita a Palazzo Madama il prossimo 16 ottobre. Finalmente.
Ma l’odioso privilegio verrà davvero sforbiciato anche al Senato? L’interrogativo resta, lasciando con il fiato sospeso circa un migliaio di ex inquilini del Palazzo. Tutti, Casellati compresa. La quale, però, in attesa del redde rationem, almeno un vitalizio pare averlo messo al sicuro: il suo.
La storia della titolare dello scranno più alto del Senato merita di essere raccontata nel dettaglio. Quando nel 2014 è stata eletta al Csm, la Casellati aveva già maturato il diritto al vitalizio grazie alla sua lunga militanza parlamentare iniziata nel 1994 con l’ingresso a Palazzo Madama nella fila di Forza Italia. Ma l’amministrazione del Senato le aveva chiuso i rubinetti negandole l’assegno mensile nella convinzione che quando un ex parlamentare siede a Palazzo dei Marescialli non debba riscuotere anche la pensione elargita da una delle due Camere.
E così è stato. Solo che lei non si è arresa, avviando, da coriaceo avvocato qual è sempre stata, un estenuante braccio di ferro con quella stessa Camera che dal 24 marzo scorso è stata chiamata a presiedere. E alla fine ce l’ha fatta, vincendo la sua battaglia personale quando a Montecitorio il presidente Roberto Fico aveva già tagliato i vitalizi procedendo al loro ricalcolo.
Il 5 settembre, infatti, al termine di una vertenza combattuta a colpi di ricorsi che l’hanno vista contrapporsi alla sua amministrazione, il Consiglio di garanzia di Palazzo Madama, uno degli organi di giustizia interna delle Camere, le ha dato ragione con una sentenza che vale oro e che si tradurrà in un assegno da centinaia di migliaia di euro. E che ora attende solo di essere liquidato. Di che somma si tratta? Sull’ammontare, così come sull’intera vicenda, a Palazzo regna il massimo riserbo. Bocche decisamente cucite. Anche se calcolare il vitalizio di un parlamentare non è poi operazione così difficile.
Fino al 2012 l’assegno viene definito secondo le regole del vecchio sistema: una percentuale dell’indennità lorda (10.385 mila euro mensili) a seconda del numero degli anni di mandato svolto. Per i periodi post riforma, invece, vale il metodo contributivo. Morale? Nel caso della Casellati, dimessasi da senatrice ed entrata nel settembre 2014 al Csm, stiamo parlando di una pensione mensile intorno ai 5 mila euro lordi. Che moltiplicata per gli anni trascorsi al Csm, il periodo per il quale le era stato negato il vitalizio, corrisponde all’incirca a 200 mila euro.
Questa è la storia. Trovare conferma sulla cifra precisa dall’interessata è stato impossibile. E, del resto, la sentenza emessa a favore della presidente del Senato è segretissima e gli uffici dell’organismo che l’hanno assunta oppongono un impenetrabile ‘non possumus’ alla divulgazione degli atti.
Bocche cucite anche tra i senatori che compongono il Consiglio di garanzia che ha emesso la decisione, sui quali gravano obblighi di riservatezza paragonabili a quelli dei giudici che si riuniscono in camera di consiglio.
In questo caso, gli organi di giustizia interna del Senato si sono riuniti diverse volte: in particolare, il Consiglio di garanzia lo ha fatto prima a luglio con l’audizione degli avvocati delle parti, della Casellati e dell’Avvocatura del Senato; poi all’inizio di settembre quando il collegio dei cinque senatori componenti dell’organismo hanno deciso che Palazzo Madama aveva sbagliato a negare il vitalizio alla presidente.
Insomma, un trionfo per la Casellati. Che, dopo l’elezione al vertice di Palazzo Madama, non fa che collezionare successi. E già, perché oltre alle mensilità dei vitalizi arretrati, porta a casa anche un altro robusto assegno. Quello che le spetta come membro uscente del Consiglio superiore della magistratura. Pochi lo sanno, infatti, ma ai consiglieri laici di Palazzo dei Marescialli, oltre ai lauti stipendi mensili e varie indennità, spetta pure un ricco assegno di fine mandato per il reinserimento nel mondo del lavoro, a compensare il divieto che incombe su di loro di esercitare la libera professione durante il mandato. La voce vale complessivamente oltre 1,5 milioni di euro. Ed è destinata ai membri laici uscenti che come la Casellati non siano già dipendenti dello Stato. Quanto sia toccato alla presidente ufficialmente non è noto. Sarà magari la stessa Casellati, se vorrà, a fornire lumi anche su questo importo.