Al civico 27 di via Po, in una casupola al limite del territorio italiano, nel pomeriggio di lunedì scorso, gli operai che ristrutturano l’abitazione del portiere della Nunziatura apostolica – villa Giorgina, l’ambasciata vaticana a Roma – sollevano il massetto del pavimento e scoprono uno scheletro umano quasi ancora interamente composto e accanto un mucchietto di frammenti ossei. I gendarmi vaticani avvisano la Procura capitolina – che apre un’indagine contro ignoti per omicidio – e subito i magistrati italiani valutano l’ipotesi che quei resti possano appartenere a uno o due corpi, forse a una donna minuta, a Mirella Gregori o Emanuela Orlandi, due ragazze che neanche si conoscevano, ma che all’epoca della scomparsa – tra il 7 maggio e il 22 giugno del 1983 – erano due adolescenti di quindici anni con due vite diverse e un destino simile.
Al civico 25 di via Po, sullo stesso lato su cui si affaccia villa Giorgina, proprio lì a pochi metri, tra il 1983 e il 1985 abitava Giuseppe Scimone (morto una dozzina di anni fa), in contatto con la Banda della Magliana e amico del boss Enrico “Renatino” De Pedis. In un’informativa del gruppo della Squadra mobile che indagava su Orlandi – il Fatto ha consultato il documento del settembre 2009 – si riporta una testimonianza di Sabrina Minardi, già amante di De Pedis. Minardi solleva l’ipotesi di un presunto coinvolgimento di Scimone (mai riscontrato, ndr) nella sparizione di Emanuela, riferisce di un appartamento ai Parioli e di un ascensore che sbuca in casa.
I poliziotti ricostruiscono i movimenti di Scimone, passano al setaccio più di una abitazione, anche l’affitto per oltre un biennio di via Po 25, al primo piano di una palazzina di pregio. Il prezzo era alto: due milioni e mezzo di lire al mese per l’immobile, due milioni per il mobilio per un totale di circa 400 metri quadri. È una traccia che si perde tra le piste seguite e poi abolite in oltre trent’anni, ma che adesso può aiutare nella ricerca della verità.
Complotti internazionali, papa Karol Wojtyla, ripetuti ricatti, infiniti depistaggi, la malavita romana, la banda della Magliana, i Lupi grigi, i Servizi segreti, la pedofilia, la mafia, le banche: il caso Orlandi è un coacervo di misteri, ma la suggestione che emerge tra le carte dell’ultima inchiesta (archiviata) assume un valore dopo l’inquietante ritrovamento perché riporta al nome di De Pedis attraverso Scimone.
Ucciso in un agguato in via del Pellegrino il 2 febbraio del ’90, De Pedis viene sepolto nel cimitero del Verano, all’improvviso due mesi dopo è trasferito – su ordine di monsignor Piero Vergari – nella cripta della basilica di Sant’Apollinare. Per una beffarda coincidenza, la scuola di musica di Emanuela era proprio in piazza Sant’Apollinare. Orlandi va a lezione quel giorno di giugno del 1983, telefona alla sorella e poi il buio. Anche gli spostamenti di Emanuela e Mirella hanno prodotto le congetture più varie.
Mirella, la ragazza di via Nomentana, prima di finire nel nulla, confida alla mamma che ha un appuntamento con un amico in piazza di Porta Pia, non lontano dal bar del padre in via Volturno e neanche dalla Nunziatura.
Il Vaticano professa prudenza, perché non esiste al momento una correlazione tra Orlandi o Gregori e i resti umani di villa Giorgina.
Il medico legale ha appurato soltanto che si tratta di ossa non molto consunte per andare troppo lontano nel tempo: è questione di pochi decenni, non certo di secoli. Alcune indiscrezioni non confermate spingono a supporre – per la struttura degli arti superiori e in particolare del bacino – che il massetto abbia occultato il corpo di una donna minuta. Adesso s’aspettano gli esami – che possono durare una decina di giorni – per stabilire la data e il sesso di una o più vittime e poi confrontarle con il Dna delle famiglie Orlandi e Gregori. Villa Giorgina fu costruita nel ’20 dall’architetto Clemente Busiri Vici su commissione di Isaia Levi, immersa in un parco di 20.000 metri quadri chiuso al pubblico, fu donata al Vaticano dopo la Seconda guerra mondiale. I confini toccano cinque punti del quartiere Pinciano di Roma: via Salaria, via Peri, via Caccini, largo Ponchielli e via Po 27. Lì vicino, tra il 1983 e il 1985, c’era un amico di De Pedis.