Erano sufficienti 17 consiglieri per mandare a casa il sindaco grillino di Avellino Vincenzo Ciampi: lo hanno sfiduciato in 23 tra Pd, Forza Italia e alcuni gruppi civici. E così finisce dopo appena cinque mesi la prima esperienza di giunta M5s in un capoluogo della Campania. Cinque mesi trascorsi sul filo sottile di un sindaco “anatra zoppa”, unico caso in Italia con più assessori, nove, che consiglieri comunali, cinque su 32, rimasti ieri solo in quattro.
Con questi numeri Ciampi non poteva durare e non è durato, dopo aver collezionato una gaffe politica dietro l’altra, bruciando sin da subito ogni possibilità di dialogo con un consiglio comunale che lo ha tenuto in vita sino a ieri soltanto per un motivo: arrivare in carica alla data spartiacque del 31 ottobre per partecipare all’elezione indiretta del presidente della Provincia di Avellino. Dopo, liberi tutti. Di defenestrare Ciampi e di tornare alle urne nella prossima primavera.
E così in casa M5s si consuma un secondo disastro poche ore dopo quello di Corleone, dove il candidato sindaco Maurizio Pascucci è stato cacciato d’imperio dal vicepremier Luigi Di Maio per essersi fatto ritrarre con il nipote di Bernardo Provenzano ed aver inserito nel programma una riapertura del dialogo coi parenti dei mafiosi. Qui invece ci mette la faccia un altro big dell’ex direttorio, il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia, avellinese e longa manus del Movimento in Irpinia. Sibilia che ha commentato a caldo con l’hashtag “a testa alta”: “Un saluto al nuovo gruppo politico formatosi in città: i The Sciacall”. Il deputato M5s Michele Gubitosa ricorda che “se Ciampi avesse voluto regalare qualche poltrona qua e là, ora sarebbe ancora sindaco, ma i cittadini devono sapere che ha preferito farsi sfiduciare pur di non riportare il vecchio sistema nell’amministrazione. Siamo stati una scopa che ha spazzato via tutto, alla prossima tornata rivinceremo e governeremo pienamente”. Ad Avellino il ‘vecchio sistema’ sarebbe il mondo di apparati che ruotavano e ruotano intorno a Ciriaco De Mita e ai suoi eredi. Ma l’ex premier ormai ha 91 anni ed ha annunciato il ritiro dalla politica.
È passata la linea dei duri e puri di Sibilia, l’uomo che sui social ‘strappava’ i pallidi tentativi di ricucitura del sindaco: evitare compromessi e trattative per farsi sfiduciare rumorosamente, e poi presentarsi alle urne come “le vittime di quelli di prima che hanno impedito il cambiamento” e provare a rivincere, ma stavolta davvero. Ciampi ci ha messo del suo a non farsi amare dalle opposizioni, frontman di incoerenze che hanno esacerbato gli animi. Ad agosto, appena insediato provò a farsi approvare una variazione di bilancio per finanziare un cartellone estivo. Il consiglio gliela respinse e lui annunciò che avrebbe reso pubblici via manifesto nomi e volti dei consiglieri che votarono no. Poi disse di aver cambiato idea, che non lo avrebbe fatto. Il giorno dopo uscì da un garage un furgoncino a forma di Vela pubblicitaria con affisse le facce dei consiglieri che bocciarono la delibera. Una gogna mediatica, una ferita nei rapporti tra sindaco e opposizione che non è rimarginata.
Ciampi provò a tenere tranquilla l’aula dicendo che il ricorso al Tar per ricontare i voti e ottenere la maggioranza per via giudiziaria “era solo una ipotesi, nulla di concreto”. Ed invece il ricorso era stato presentato e firmato: se accolto, avrebbe stravolto la mappa del consiglio. Nelle ultime settimane Ciampi ha dato il via alle procedure per dichiarare il dissesto finanziario, con le conseguenze del caso per la libertà di manovra economica di un sindaco, chiunque esso sia, ridotta all’osso. Tra dieci giorni se ne sarebbe discusso in aula. Lo hanno fermato prima. Ora deciderà il commissario prefettizio.