Un messaggio automatico comunica che non si può contattare il servizio prenotazioni dell’Ospedale Fatebenefratelli, per un guasto non specificato. Dopo qualche giorno, il messaggio cambia, con l’invito a riprovare: “Tutte le linee sono occupate”. Quello dell’Isola Tiberina è l’ospedale al centro di Roma. Ma da giorni e giorni è impossibile contattare il Cup, ovvero il centro unico di prenotazione e dunque, non si può fissare una visita e neanche disdirla. Sembra un’esperienza kafkiana, eppure è molto di più.
In una mattinata plumbea e piovigginosa, l’Ospedale al visitatore e potenziale paziente, si presenta misterioso e disorientato. “Per prenotare una visita, deve andare agli sportelli dentro”, dice l’uomo alla reception. Che cosa è successo? Ormai quasi 15 giorni fa, il primo dicembre, una macchina ha preso fuoco nel garage dell’ospedale. L’incendio è arrivato ai piani superiori e si è bruciato il server, “il cervellone”. Sono stati cancellati tutti i dati riguardanti le visite specialistiche future, a pagamento e non. Nel cortile interno, di fronte ai gabbiotti dove vengono prenotate le visite, c’è una sorta di steward. “Deve cancellare una visita? Vada allo sportello 11”, dice con aria omertosa. Non è così semplice: “Qui noi non abbiamo più gli elenchi. Pazienza, non si presenti”. Sportello accanto: “Ho una visita prenotata, che devo fare?”. “Venga nell’orario dell’appuntamento, magari con l’appunto che ha preso. I medici ci saranno”. Due dottoresse in camice bianco assicurano: “Noi siamo in ambulatorio, aspettiamo i pazienti. Non sappiamo chi deve venire, ma ci siamo”.
Nessuno sa bene fino a quando durerà questa situazione. Pare che ci sia una squadra di informatici al lavoro per ripristinare il ripristinabile e almeno far ripartire il servizio. Nel frattempo, chi al Fatebenefratelli ci lavora dice il meno possibile, nel tentativo di derubricare il tutto a semplice incidente, senza troppe conseguenze. Secondo piano, Cardiologia. Signora in attesa: “Ho un appuntamento con un cardiologo”: “Quale?” “Non so”. “A che ora?” “Alle 14 e 40”. Il medico si guarda intorno: “C’è qualcuno per le 14 e 30?”. Nessuna risposta. “Bene, può entrare. Sa, è andato in tilt il cervellone, non abbiamo l’agenda”.
Ancora sotto, all’entrata dell’Ospedale un cartello informa laconico: “Per problemi tecnici non è possibile effettuare i prelievi ematici e colturali, saranno garantiti solo gli esami di genetica”. Fino a quando? Chissà. E pure gli orari dei ritiri, sono ridotti: solo la mattina. L’informazione si trova sempre all’ingresso, ma sul sito no. “Ma io come faccio? Sono venuta dall’altra parte di Roma”, chiede un’anziana signora furibonda. “Ci dispiace, è andato in tilt il sistema. E ce n’è uno parallelo, ma funziona solo la mattina”, è la spiegazione dell’uomo in portineria. Muro di gomma per necessità. Al Pronto Soccorso c’è meno gente del solito. “Funziona tutto, un po’ a rilento: abbiamo avuto qualche lentezza per gli esami del sangue e la radiologia. È complicato stampare i risultati”. Il dubbio sorge spontaneo: non saranno andate perse le cartelle cliniche? Chi è deputato a rilasciarle assicura di no: è tutto cartaceo, al limite ci vorrà un po’ più di tempo. Chi vivrà vedrà.
In un’epoca di big data, società digitali, esistenze parallele virtuali, pare una beffa. Ma forse è peggio. Il sospetto è che l’origine dell’incendio sia stata dolosa. Laconico un infermiere: “C’è un’inchiesta in corso. Ma ormai il danno è fatto”.