La partita, cioè la decisione, non è ancora chiusa. Ma l’idea di Luigi Di Maio è sul tavolo e non è piaciuta affatto agli europarlamentari uscenti del Movimento. Perché l’orientamento del capo politico, spiegato ai primi di dicembre agli eletti in Europa del M5S, è quello di candidare esterni come capilista per le prossime elezioni europee.
Esponenti della società civile, professori e professionisti da mescolare a nomi più noti. Figure “che ci potrebbero far prendere più voti, anche fuori del nostro bacino abituale”, come ha sostenuto Di Maio nella riunione con gli 11 eurodeputati (12, con l’autosospeso Marco Valli).
Preoccupati, anche perché gli esterni sarebbero sottratti alle parlamentarie, cioè alla selezione sul web, venendo inseriti d’ufficio nelle liste. Ossia, non dovrebbero neanche sudarsi la posizione di capolista: preziosa anche in elezioni come quelle Europee, basate sulle preferenze. E questo non può che irritare gli uscenti rimasti (il gruppo originario, prima di espulsioni e addii, era di 17 eletti). Decisi tutti a ricandidarsi, quindi già al lavoro da settimane per organizzare la campagna elettorale. “Noi siamo il Movimento, lavoriamo da anni con gli attivisti e le associazioni, e ora dall’alto ci calano chissà chi”, è la lamentela che rimbalza da Bruxelles. Parole che ricordano quelle di tanti iscritti e diversi parlamentari italiani, quando sempre Di Maio, in accordo con Davide Casaleggio, candidò nelle Politiche decine di esterni nei collegi uninominali. E fu un’innovazione epocale, rispetto ai codici del Movimento: fatta sin troppo in fretta, tanto che nelle liste i 5Stelle si ritrovarono anche un drappello di massoni più o meno in attività, e qualche indagato. Però alla fine nelle urne del 4 marzo Di Maio e il M5S pescarono il 32,5 per cento, più forte dei mal di pancia.
Diversi mesi dopo, il capo politico vorrebbe proseguire sulla linea dell’apertura agli esterni. Una scelta di cui ha parlato a Beppe Grillo un paio di settimane di fa, pranzando con lui a Roma. E il garante, dicono, avrebbe preso atto, chiedendo però di essere informato preventivamente sull’identità degli esterni. E d’altronde i nomi non sono ancora certi, come non lo è la decisione sulle liste. Però anche tra gli eurodeputati sono circolate voci su una candidatura dell’ex leader dei Verdi e ministro, Alfonso Pecoraro Scanio. In ottimi rapporti con tanti maggiorenti del Movimento, tra cui il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Vincenzo Spadafora, vicinissimo a Di Maio. Ma dal M5S finora hanno sempre smentito di voler presentare Pecoraro Scanio. Anche perché sarebbe un ulteriore strappo con le regole originarie, vista la sua storia in altri partiti (ma per qualche uninominale è già stato chiuso un occhio).
Ma di certo il tema delle liste per Bruxelles cresce. Soprattutto ora che Salvini ha annunciato che si candiderà per le Europee. E non stupisce, visto che le urne di maggio saranno anche un derby tra i due partiti di governo, nel quale il Movimento punta al 30 per cento, per portare a Bruxelles tra i 25 e i 28 eletti e guidare così un nuovo gruppo, equidistante da socialisti e conservatori come dall’estrema destra di Marine Le Pen. E per riuscirci vanno bene anche gli esterni.