Non solo pubbliche amministrazioni: da ieri la fatturazione elettronica è obbligatoria per tutti i cittadini. Nata come punto cardine dell’Agenda Digitale, con l’obiettivo di riuscire a controllare e razionalizzare la spesa pubblica, con un decreto legislativo del 2015 è stata estesa anche ai soggetti privati. E nell’attesa di capire se sarà un successo o un flop digitale, intanto cerchiamo di capire cosa cambia nel concreto.
Chi. In pratica professionisti, artigiani, titolari di partita Iva, da ieri possono emettere a chi le richiede solo fatture in formato elettronico. E i destinatari devono attrezzarsi per poterla ricevere.
La forma. Viene prima di tutto omologata la forma di emissione della fattura. Finora le fatture erano redatte in base alle preferenze di chi le emetteva, quindi utilizzando diversi formati e tipi di file, da quelli di testo come Word o Excel al Pdf. La spedizione avveniva tramite posta tradizionale o via mail. Dal primo gennaio 2019, invece, bisogna utilizzare un formato specifico denominato XML e che è uguale per tutti, permettendo così all’Agenzia delle Entrate di effettuare controlli più precisi, più veloci e quindi – di conseguenza – molto più numerosi. Fino a 3 miliardi di fatture nel 2019.
Gli strumenti. Per emettere la fattura si può ricorrere a uno degli strumenti messi a disposizione gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate. Sul sito, nella sezione “Fatture e corrispettivi”, si può accedere a una procedura specifica. Si può anche utilizzare la app gratuita “FatturAE” che è stata creata sia per Android che per iOs oppure un software da installare sul proprio computer. Sono richiesti una password e un pin di accesso, previa registrazione quindi, oppure con le credenziali Spid (l’identità digitale) o con la chiavetta di autenticazione Cns. Per chi non avesse la pazienza di sbrigare i passaggi necessari per utilizzare gli strumenti gratuiti, molte aziende private hanno messo a disposizione programmi a pagamento. Ci si doterà così anche di un codice identificativo denominato “Codice Univoco” che permette di capire a chi recapitare la fattura.
L’invio. A questo punto, infatti, la fattura non viene più spedita al destinatario bensì allo SDI che è una sorta di ‘postino’ dell’Agenzia delle Entrate che verifica se la fattura contiene i dati obbligatori ai fini fiscali nonchè l’indirizzo telematico (il cosiddetto “codice destinatario” o la Pec o il Codice Fiscale a seconda del tipo di destinatario, come spiegato nel Tom Tom qui di lato). Poi si controlla che la partita Iva del fornitore e la partita Iva o il codice fiscale del cliente siano esistenti e, in caso di irregolarità , la fattura sarà respinta in cinque giorni. Se tutto va bene, invece, il sistema consegna la fattura al destinatario comunicando, con una “ricevuta di recapito” a chi ha trasmesso la fattura, in che data e a che ora. I dati da riportare sulla fattura restano gli stessi.
Tempi. Si parte con calma. Nei primi sei mesi dovranno essere inviate entro la scadenza della liquidazione periodica dell’Iva (mensile o trimestrale). Poi entro dieci giorni dalla prestazione o vendita del bene. Anche le sanzioni saranno ridotte al minimo nel primo periodo: fino al 30 settembre 2019 non sono previste sanzioni per i contribuenti mensili, a condizione che l’emissione avvenga entro il termine di liquidazione dell’Iva relativa al periodo in cui l’operazione si considera realizzata. L’emissione della fattura oltre la data di liquidazione dell’Iva comporterà l’applicazione di una sanzione ridotta al 20%.
Esoneri. È esonerato dall’obbligo di emissione della fattura elettronica chi rientra nel cosiddetto “regime di vantaggio” e nel cosiddetto “regime forfettario”. E ancora, i piccoli produttori agricoli (esonerati per legge dall’emissione di fatture anche analogiche). Resta fuori pure chi invia i dati al Sistema Ts (Tessera Sanitaria), come medici, odontoiatri, oculisti, farmacisti e anche i veterinari.