“Non ho mai visto niente di simile in trent’anni di carriera”. Chi parla è un investigatore con pochi capelli corti in testa ed il pelo lungo sullo stomaco, abituato ad affrontare le realtà complicate dei tanti paesi del vesuviano. Ma a sua memoria l’escalation criminale di Afragola (Napoli), sette bombe di racket in 10 giorni, non ha precedenti. “È il frutto – sostiene – del vuoto di potere creato dalle ultime ordinanze che hanno sgominato i clan storici di Afragola, un vuoto che qualche ‘emergente’ vuole riempire così, seminando ordigni in giro per far capire chi comanda ora”.
Lo ribadisce alla deputata M5S del territorio, Iolanda Di Stasio, che lo incontra accompagnata dal padre, un sottufficiale dei carabinieri, due giorni dopo una visita della parlamentare in Prefettura. Afragola è rappresentata anche nel governo, qui vive e da qui proviene la sottosegretaria leghista al Sud Pina Castiello, che a mezzo stampa annuncia un imminente rinforzo dell’organico del commissariato di Polizia, circa 60 agenti, attribuendolo ai meriti del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Invece sono già arrivati, preceduti da una visita del comandante provinciale dell’Arma Ubaldo Del Monaco, cinque carabinieri della compagnia del reggimento Campania. In una stazione con soli 20 militari (dovrebbero essere 23), è un innesto importante. Si affronta un’emergenza iniziata la notte tra il 26 e il 27 dicembre. Due persone coperte da un ombrello per non farsi riconoscere dalle telecamere hanno piazzato un ordigno davanti alla vetrina del negozio “Il Bello dell’Intimo”, discount di articoli per la casa, causando 15mila euro di danni. La notte dopo sono andati a colpire un altro negozio con lo stesso nome, gestito dal padre ma specializzato in calzini e biancheria.
Finiti sotto attacco anche una pizzeria, un negozio di ceramiche, un punto giocattoli, un supermercato alimentare, un negozio di telefonia. Uguale per tutti il modus operandi, come confermano all’unanimità le vittime nei verbali: la bomba non è stata preceduta da nessun avvertimento o invito a pagare il pizzo. Lasciando al commerciante colpito, oltre al danno, la beffa di arrovellarsi nel dubbio se “informarsi” autonomamente o meno su chi sia stato e perché.
Spalanca le braccia Marco Cataneo, 35enne titolare de “Il Bello dell’Intimo”: “Io non sono preoccupato, al limite dovrebbe preoccuparsi chi non ha ancora avuto la bomba. Sì, nessuno è venuto a minacciarmi prima e non mi interessa sapere chi è stato. Se arrivasse qualcuno ora? Gli direi che non pago. Ma siamo sicuri che è racket? Chi fa estorsioni non dovrebbe prima fare danni”. Ma sulla matrice estorsiva degli attentati, gli inquirenti nutrono pochi dubbi. Nessun dubbio sull’impronta camorristica: infatti la patata bollente di Afragola è già sul tavolo del capo della Dda Napoli Giuseppe Borrelli. “Ci stiamo lavorando”, è il commento laconico del magistrato. La prima retata nel quartiere Salicelle, conglomerato di case popolari i cui cortili sono piazze di spaccio h24 e dove imperano i capiclan. Hanno trovato pistole, coltelli e droga. Roba forse collegata alle estorsioni. Carabinieri e poliziotti ora studiano la mappa delle recenti scarcerazioni per capire se tra questi possano annidarsi mandanti e autori dei raid. Fanno quel che possono con gli organici che hanno.
L’emergenza non è ordinaria. La sola stazione dell’Arma raccoglie quasi 500 denunce al mese e affronta quasi 5.000 deleghe all’anno per attività di polizia giudiziaria. Tra una bomba e l’altra i carabinieri riescono a risolvere il caso del furto di un’auto d’epoca, una Fiat 128 verde del 1970. Il verbale di restituzione al proprietario viene scritto in fretta e furia “perché dobbiamo correre a recuperare un’altra auto rubata, un’Audi”. Ad Afragola si vive così. E un tabaccaio, Maurizio Invigorito, che ha subito 12 rapine in due anni, da obiettore di coscienza che ripudia le armi è arrivato a dire: “Capisco i commercianti che vogliono prendersi una pistola, se lo Stato non ci protegge è giusto che ognuno reagisca come crede. E forse sarò costretto ad amarmi anche io”.