L’analisi costi-benefici sul Tav Torino-Lione è da ieri nelle mani del ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli (M5S). Ad annunciarlo è stato Marco Ponti, capo della task force di economisti incaricati dal ministro di stilare il report sull’opera. L’uscita, arrivata in un’intervista a Sky Tg24, è destinata ad aprire un nuovo fronte di scontro nel governo e ha colto alla sprovvista il ministero, contrario a darne notizia. Il fastidio di Toninelli si è tradotto in una nota per chiarire che “si tratta di una bozza preliminare, a cui dovrà essere affiancata quella tecnico-giuridica, che andranno condivise con la Francia, la Commissione Ue e in seno al governo, prima della pubblicazione”. La task force spera che il testo sia pubblicato il prima possibile, ma è poco probabile.
Finora Toninelli ha preso tempo, ottenendo, in accordo con Parigi, il rinvio dei bandi da 3 miliardi per l’opera. M5S è contrario da sempre al Tav e prende tempo per valutare il costo politico di una decisione e convincere l’alleato leghista, favorevole invece al via libera. Prima o poi, però, una decisione andrà presa. “Arriverà entro le europee di maggio”, ha spiegato il premier GiuseppeConte. A febbraio scade l’accordo temporaneo con la Francia a cui dovrà essere data la relazione. Al ministero nessuno si sbilancia sul contenuto, ma il dossier è negativo sull’opera. I numeri sulla sua utilità, d’altronde, sono impietosi da sempre. Tra Francia e Italia passano circa 42 milioni di tonnellate di merci ogni anno, solo 3,9 milioni via treno, peraltro in declino rispetto a 20 anni fa. Le analisi dei tecnici, peraltro, sarebbero partite proprio dai dati forniti dall’Osservatorio del governo sul Tav guidato dal commissario Paolo Foietta, vero pasdaran dell’opera. Gli ultimi numeri sono arrivati il 28 dicembre.
Sarà così più difficile contestare, come già ha fatto il fronte dei Sì Tav nel caso del Terzo Valico di Genova, che i tecnici di Toninelli usino stime influenzate da un “pregiudizio anti-opera” (copyright Foietta) visto che si basa in gran parte sui dati di una struttura che pochi mesi fa ha ammesso che le stime di dieci anni fa alla base della decisione di avviare l’opera erano sballate ma “in assoluta buona fede”. L’imbarazzo del ministero è comprensibile. I 5Stelle hanno già dovuto ingoiare poche settimane fa il via libera al Terzo Valico, bocciato dall’analisi costi-benefici ma fortemente voluto dalla Lega. A fornire l’escamotage era stata l’analisi tecnico-giuridica, che denunciava il rischio di pagare penali in caso di stop per 1,2 miliardi. Stavolta sarà più difficile: grandi appalti sul Tav non sono stati banditi e finora sono stati spesi circa 1,4 miliardi: ne mancano altri 10. Andare avanti costerebbe all’Italia almeno 3 miliardi (il 35% del tunnel di base, 8,6 miliardi secondo il costruttore Telt) più i due per il collegamento finale da parte italiana. Per lo stop, però, serve modificare il Trattato con la Francia con un voto parlamentare. I Sì Tav sono già scatenati: “Il governo decida, basta perdere tempo”, dice il governatore Sergio Chiamparino.