l’inchiesta

Carige, cemento e hotel: i prestiti allegri che pesano sulla banca

Groviglio ligure - Di Maio chiede “la lista dei debitori”, ma c’è dal 2013 e la stilò Bankitalia: oltre 1,5 miliardi e 84 nomi. Alcuni hanno rinegoziato, altri sono ancora “sofferenze”

11 Gennaio 2019

Un’azione di responsabilità da 138 milioni ai danni di Giovanni Berneschi e Ferdinando Menconi condannati in appello nell’inchiesta sulla truffa al ramo assicurativo di Carige. La richiesta è stata formulata dall’istituto di credito genovese e comprende anche il danno alla reputazione della banca. Chissà se qualcosa rientrerà nelle casse.

Chiederemo e pubblicheremo l’elenco dei debitori di Carige”, dice da giorni il vice premier Luigi Di Maio. Forse non sa che la lista è nota da anni. Per l’esattezza dal 2013, quando fu reso noto il rapporto ispettivo di Bankitalia che puntava il dito sui finanziamenti facili dell’istituto. Un’emorragia di denaro che finì nelle casse di tanti nomi noti dell’imprenditoria ligure. Magari quelli che applaudivano Berneschi alle assemblee di Carige. Industriali che talvolta sedevano negli stessi cda delle banche del gruppo o ne erano azionisti.

Le 27 pagine del rapporto di Bankitalia si concludevano con i nomi di amministratori e dirigenti del gruppo. Tra questi, oltre a Berneschi, figurano Alessandro Scajola (fratello dell’ex ministro Claudio), Luca Bonsignore (figlio del politico Vito, centrodestra), Guido Alpa (mentore di Giuseppe Conte). Bankitalia all’epoca puntò la lente su 998 milioni, si parlò di ‘finanziamenti facili’. Questi e altri crediti di Carige sono poi finiti l’anno scorso in un dossier chiamato ‘Isabella’ (studiato da Kpmg e dallo studio Bonelli Erede). Un pacchetto di 1,4 miliardi di crediti relativi a 85 posizioni. Alcune sono state chiuse, altre sono state rinegoziate. Molte attendono di essere definite o cedute.

È di pochi giorni fa, il 21 dicembre, la notizia della rinegoziazione del credito forse più pesante di Carige, quello con il gruppo degli armatori Messina: 450 milioni che, secondo gli accordi, torneranno alla banca entro il 2032.

Ci sono poi i 250 milioni che sono finiti in pancia al progetto Erzelli, il polo tecnologico alle spalle di Genova. Un’operazione sostenuta dal centrosinistra, ma ancora in alto mare. Oggi all’investimento privato si stanno aggiungendo centinaia di milioni pubblici (dai 200 ai 300). Gli ispettori Bankitalia stigmatizzarono che il presidente del collegio sindacale Carige in quegli anni ricoprisse lo stesso ruolo in società che guidavano il progetto Erzelli. Uno dei tanti incroci sorprendenti che si trovano in quei finanziamenti. Le società della famiglia Orsero, industriali della frutta del Ponente ligure, furono destinatarie di 90 milioni (il finanziamento è stato rinegoziato): dal fido è partita un’inchiesta chiusa con 16 indagati. Raffaella Orsero ha seduto nel cda di Carisa, la Cassa di Risparmio di Savona controllata da Carige. Le società degli Orsero, ricordano le cronache, hanno finanziato la campagna di Matteo Renzi per diventare segretario del Partito Democratico (si parlò di 20mila euro).

C’è poi il progetto Marina Aeroporto (dove figurava l’industriale Giuseppe Rasero, considerato vicino a Romano Prodi, e presente anche in Erzelli) che fu destinatario di altri 90 milioni. Si tratta del nuovo porto per 500 imbarcazioni anche extra-lusso che è sorto proprio accanto alla pista dell’aeroporto di Genova.

Porti e porticcioli – la grande passione del centrosinistra ligure dello scorso decennio – hanno dissanguato le casse Carige. Le società di Francesco Bellavista Caltagirone (impegnato nella realizzazione dei moli di Imperia, ancora in parte vuoti) secondo Bankitalia erano debitrici di 68,7 milioni. Tra gli imprenditori finanziati anche la sua compagna di allora, Beatrice Cozzi Parodi, soprannominata all’epoca ‘nostra signora dei porticcioli’.

Ecco poi la società Villa Gavotti finanziata da Carige con 91 milioni e dichiarata fallita nel 2014.

Altri 74,6 milioni finirono al gruppo Cavallini e 20 alla Soglia Hotel Group che fino al 2008 era stata amministrata dall’ex onorevole Pdl Gerardo Soglia e che nel 2012 è fallita.

Sono tanti i finanziamenti che saranno difficili da recuperare. Come quello alle società di Andrea Nucera (66,2 milioni) oggi latitante a Dubai. Lui in passato era difeso da un ex onorevole di centrodestra, Enrico Nan, e la moglie da un deputato del Pd (Franco Vazio, nell’ultima legislatura in commissione banche), entrambi hanno seduto nel cda Carisa.

Tra i non molti che hanno chiuso le pendenze con Carige ci sono le società del patron del Genoa, Enrico Preziosi (erano debitrici con Carige di 81 milioni).

Tra i finanziamenti di Carige Bankitalia cita anche quello alla Pietro Isnardi Alimentari spa. Pietro Isnardi, consuocero di Alessandro Scajola, era nella fondazione Carige oltre che nella Porto di Imperia spa.

E nell’ufficio finanziamenti Carige qualcuno parla ancora di quel prestito da 25 milioni che, nel 2009, fu concesso alla neonata società Punta dell’Olmo. Doveva trasformare vecchie colonie in case da sogno tra Varazze e Celle. Tra i soci a quel tempo la Curia di Savona e il gruppo che fa capo ad Aldo Spinelli, terminalista genovese prima vicino a Claudio Burlando, oggi a Giovanni Toti, e socio di Carige. Dai partiti alla Chiesa, tutto si teneva nella vecchia Carige.

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